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venerdì 9 dicembre 2016

O’ MARECHIARO, UNA PENSIONE... NEL GOLFO DI GENOVA… di Daniele Giordano



Il titolo è ingannevole, tanto per cominciare… se pensate a una commedia del grande De Filippo, questo lo sentirete dalle prime battute di copione. Se poi pensate di assistere a uno stravolgimento allora incominciate a comprendere, senza lasciarsi forbire, solo per chi al piacere di conoscere La Funicolare, compagnia che si è sempre dimostrato di portare avanti lo spettacolo verace, beh… siete sulla strada giusta ma continuate a sbagliare. Questa volta il regista si è divertito nello scrivere! Il regista Salvatore Consiglio, ha preso la commedia di Valerio Di Piramo, l’ha girata come un calzino…e deliberatamente “smembrata, facendola diventare una sua piacevole creatura”. Leggendo queste righe, il lettore non comprenderà, dove si vuole andare a parare… vedendola si renderà conto di quanto abbiamo detto sino ad ora è autentica verità. Solo vedendola si potrà assimilare quanto descritto, senza pentirsi di averlo fatto. Il pubblico, inizia a ridere dall'istante in cui i coniugi (Mario Motta e Claudia Vianino) Altomiri, varcano il boccascena. Pensate, una coppia di sposi del nord… una stupenda vacanza con quel mare azzurro… come quello di Genova, non basta… “accerchiati da persone" del… sud. Una tipica farsa sullo scambio d'idee radicate in un tempo remoto, a Consiglio, non gli bastava ingarbugliare la “sua commedia”, ha voluto aggiungerci altro. Se a questo “panorama balneare” ed il conflitto Nord/Sud si unisce mezzi tecnologici… come internet dove si può vedere l’albergo e prenotare online il meraviglioso Hotel corredato di fotografie… semplicemente stupendo, a voi non resta che dirvi: Che la rappresentazione abbia inizio! Partendo da questo bellissimo quadro esplicativo, fuoriescono le gag, così come uno dopo l’altro entrano in scena gli attori. Prendiamo ad esempio Gennaro (Antonio Inpemba) proprietario della “lussuosa pensione” a due stelle e sua moglie Addolorata (Patrizia Matrone), con il loro modo di porsi, accentua ancor più la scena. Un intercalare di personaggi da Rosella Guida (Crocifissa) al professor Caracciuolo (Giuseppe Clemente), la nobile decaduta Contessa Ferrero (Venturina Amato), le due suore in ritiro spirituale (Cinzia Grassidonio e Giada Torrente), potevano mancare l’emiro (Carmine Miele e il suo segretario Salvatore Consiglio) e infine il pescivendolo Vito Petrisco. Tutti questi attori mettono in risalto con piacevole ironia e tanta irrealtà caratteristiche prese dalla quotidianità, facendo pensare allo spettatore sia impossibile l’esistenza di tali persone. Una rappresentazione teatrale leggera con tempi e toni giusti senza pretese di scervellarsi ma dare una sferzata di buon umore che non toglie nessun merito alla Funicolare e all’adattamento scenico che il regista ha voluto dare a questa sua opera dignitosa. Sarà poi il pubblico nel vederla valutarne la sua riuscita. 

Torino (Italia), venerdì 9 novembre 2016


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Di conseguenza, l’opinione personale espressa su ogni notizia pubblicata, è basata in conformità dell’argomento, spettacolo o evento trattato, senza necessariamente sentirmi obbligato a scrivere o diffondere la mia opinione per quanto opinabile sia su cosa ho visto, letto o altro. Per questo motivo si precisa inoltre che questo blog, non può considerarsi un prodotto editoriale, bensì di pensiero eventualmente da condividere. 
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venerdì 25 novembre 2016

FU L’INIZIO DELLE GIALLOCOMICHE di Daniele Giordano

Nonostante la pioggia copiosa che imperversa sul Piemonte e Liguria e continua a inondare alcune città bagnate dal fiume Tanaro (non solo da questo), l’allerta della Protezione Civile, scuole chiuse, tutto in poco tempo. Come se non bastasse, si aggiunge come da copione, sul luogo definito alla moda da giornali non solo locali, per le serate mondane, ormai del luogo rimane un lontano ricordo, oltre allo scritto che si hanno dei “Murazzi”, situato in una sponda del fiume più lungo d’Italia, tra il ponte Vittorio Emanuele II e quello di Piazza Vittorio per intenderci, come sempre ha voluto dimostrare la sua irruenza… straripando sulla banchina come da usuale sceneggiatura di queste circostanze. Viene da pensare: Chissà se tutta quest’acqua abbia eliminato se non tutta, almeno in parte di quella pianta acquatica chiamata Miryophyllum aquaticum, dal nome più facile che si erano “accasate” lungo il percorso del fiume PO… L’abbiamo presa alla larga proprio per dire che sebbene sia capitato tutto questo e altro ancora, non ha fermato i seguaci delle Giallocomiche, anzi continua a fare proseliti. A contarle forse una decina, le stesure dei simpatici racconti scritti da Valter Carignano in arte Agenore Pautasso, commissario della Regia Polizia di Torino, complice di questo volere è della simpatica e brava attrice qual è Marina Di Paola (senza svelarne mai il significato della sua doppia personalità di ruolo), entrambi costituenti de L’Opera Rinata/ CambiaMenti Teatro che tempo addietro decisero d’inventarsi questo format. Ed eccoci alle prese di un nuovo racconto e noi pronti a recensirlo: Il Caso della Bagna Cauda Avvelenata, presentato ieri sera alla “Cueva del Duende” un piccolo ma simpatico e ospitale locale a iniziare da chi accoglie il pubblico venuto ad assistere.  Si fa per dire poiché è stato il primo dei soggetti portato in pubblico circa due anni or sono. Per chi non sapesse o non ha mai partecipato a una di queste commedie, diciamo subito che la stesura è adatta a qualsiasi età ed è colorita da toni satirici e istruttivi contemporaneamente, perché tratta in parte fatti veritieri intorno al ‘900 su Torino e cintura, conditi con sarcasmo e vivacità degli attori, infine, sui nomi affibbiati ai personaggi da loro interpretati, un esempio? In ordine d’entrata, ecco Sonia Di Lecce in arte Emanuela Filiberta Carlina, figlia secondogenita di Stanislao Cavaturacciolis, poi c'è Goffredo De la Crepe, un cuoco farfuglione al servizio del Casato Cavaturacciolis (innamorato di Emanuela), impersonato dal bravo Massimo Saracino. Su Marina Di Paola alias Amedea Savoiarda Vittoria la primogenita della famiglia, un nome come sempre lunghissimo, amante dei suoi due cavalli, questa volta con accento bergamasco (che ci azzecca… lo saprete solo vedendo la recita) e modi da “maschiaccio” pur essendo donna…senza ripeterci, ci siamo espressi a inizio discorso. Infine una nouvelle entrée, la collaudata attrice Rossana Bena che in breve tempo ha sostenuto e si è immedesimata nella parte a lei assegnata…oseremmo dire sin troppo… Che cosa dovremmo aggiungere a queste Giallocomiche se non quello che pur essendo leggere e spensierate… “non strappano, né sforzano” la risata, bensì fanno di essa una costante sin dalle prime battute, dirla con parola semplice piacciono, proprio perche sono fatte in questo modo, sostenuta dalla forza del pubblico che interagisce con lo spettacolo, senza dubbio è questa la chiave del successo che hanno le rappresentazioni messe in scena da lungo tempo, senza curarsi se è narrata in teatro o spazio polifunzionale, al pubblico poco interessa il luogo, è attratto dalla genuinità e come recitano gli attori, non ultimo, dal desiderio di scoprire chi è oppure sono gli assassini del racconto inventato.

Torino (Italia), venerdì 25 novembre 2016

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lunedì 9 maggio 2016

IL FRINGE VISTO DAL GARAGE VIAN recensione di Daniele Giordano

Siamo alle ultime battute del girone di andata sul percorso Torino Fringe Festival 2016, ricordiamo che terminerà il 15 maggio, mentre scriviamo, rammentiamo che oggi è la festa della Vecchia e cara Europa, ma questo non potrà distoglierci da quanto è avvenuto al Garage Vian e allora iniziamo! Con poco più di una ventina di persone, venute per assistere alla Memoria del Vuoto (vincitore del bando Maldipalco 2015), Pierpaolo Congiu per Crab Teatro presenta la sua pièce, un monologo adattato e preso dall’omonimo romanzo di Marcello Fois. E’ una vicenda incentrata sul bandito Samuele Stocchino che ritorna nella sua terra trasformato, eroe decorato e senza macchia, ma per volere di Mussolini è rispedito a morire, ultima deriva di un morto vivente. L’artista, aiutato da complici proiezioni, esegue l’assolo drammatico impeccabilmente con intensità tragica come vuole che sia la stesura del testo, portando il prode a essere anche vittima della storia e farne strumento del fato facedosi beffa della morte.  La “sartitudine” (Sardegna + solitudine), bellissima espressione, è una condizione dell’anima più che un dato di riscontro geografico o antropologico per dirla come l’ha descritta Marcello Fois!
L’Ultima Danza del Secolo di e con Francesca Garrone (già recensita in un precedente festival) e Matthias Martelli (visto con lo spettacolo Il Mercante di Monologhi, premiato in diversi concorsi come Locomix San Marino 2015, Uanmensciò Cantieri di strada 2014, l’Alberto Sordi di Faenza Cabaret 2014). Entrambi portano sul palco una drammaturgia quasi onirica, scandendo a parole il susseguirsi del tempo… che trascorre tra ricordi di guerre, giovinezze e fragili azioni. Riportati da un vecchio (in scena) durante una danza tenebrosa, abilmente interpretata dalla Garrone, con smorfie grottesche ispirate a tecniche e forme del teatro classico giapponese, dove la nudità sul corpo affrescato di bianco si alternano movimenti lenti e contorcimenti sinuosi, alle volte violente sino a trasformarsi in lineamenti animali o semplici oggetti, travolgendo e trasportando il pubblico in un tutt’uno con gli interpreti, appagando con il loro spettacolo la sala gremita di presenze.
Con Dandy Danno & Diva G (A Clown Fairytale), siamo giunti all’ultimo spettacolo del Theatre Degart proveniente da Messina, Daniele Segalin autore del testo e Graziana Parisi per i gradevoli costumi. Entrambi, raccontano sulla sublime musica della Carmen di Georges Biset, un amore che sta per nascere tra un goffo personaggio quale Dandy e, la conoscenza di Diva, effervescente ballerina di tango, in questo caso cupido si è “leggermente distratto” e pertanto, l’amore alle volte può essere bizzarro pur nella sua lungimirante dolcezza. Da questa situazione scaturisce una storia che farebbe sorridere anche Raymod Peynet. Le trovate dell’impacciato clown “rubacuori” si sprecano a consumo benefico del pubblico per porre rimedio a quei tentativi incerti di conquiste, cercando di assecondare la “bramosia e il “desiderio” della sua lei. La conseguenza è certa, non potranno mancare un susseguirsi di risate multiple sino alla fine dello spettacolo, rendendo armoniosa e piacevole la decisione finale.
Una serata passata nel simpatico locale del Garage Vian è terminata con tre ottimi spettacoli tutti da vedere.
Torino (Italia), lunedì 9 maggio 2016

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mercoledì 6 aprile 2016

LA XIV LUNA recensione di Daniele Giordano

Ad alcuni sembrerà strano l’ultimo lavoro di Gian Carlo Fantò, ma non è stato messo in scena per entrare nella maglia dell’occulto con la commedia de La XIV Luna, neppure per addentrarsi nei verbali del processo contro i Cavalieri Templari, che su questo episodio avrebbero di che dire, tanto meno spiegare al pubblico il ciclo della fase lunare e il suo plenilunio, oltre la concretezza che la tredicesima luna esista. E’ molto più semplice (si fa per dire) la risposta: solamente per la voglia di mettersi in gioco esplorando temi nuovi, provando a descriverne le sfumature portandole in scena. Sarà poi il pubblico a giudicarne la bravura sia nella stesura dei testi, sia nella scenografia allestita a compimento della pièce. Proprio su quest’ultima affermazione che a sipario aperto s’intuisce la forza, messa dall’autore per trasportare il pubblico in un’atmosfera angosciante che non lascia dubbi, bensì spazi all’immaginario del lato oscuro, non visibile, ma convive in ognuno di noi. Attraverso le fioche luci sul palco, lasciano intravvedere un’ombra indistinguibile avvolta da un drappo nero inquietante, causato dal subconscio mentale dello spettatore, solamente verso la fine sarà resa visibile in tutto il suo lugubre aspetto, perno della commedia. Questa la sinossi, Enrico Maria Saint-Pierre (Gian Carlo Fantò) regista affermato, durante un’audizione da lui indetta, sta cercando “il suo protagonista dell’ultima fatica teatrale”. Questa scelta, sarà per entrambi decisiva, atta spezzare passando il testimone a un successore da lui prescelto, purchè abbia i requisiti necessari. Cosa non semplice, giacchè ogni candidato, ignaro di quello che lo aspetta, “pretende” quel posto… destinato al solo “prescelto”.  E’ su questo che Saint-Pierre farà leva, infatti, continuerà a muovere i fili della vicenda per portare a termine il suo disegno demoniaco. Intorno a tutto questo si muoverà l’intreccio che lega i candidati alla trama, trasmettendo al pubblico il pathos voluto da Fantò, mettendo in luce, quasi a sdoppiarsi durante i suoi monologhi e parlando in seconda persona, nell’apparenza crudele e buona contemporaneamente, innocente e colpevole, un uomo dalle mille sfaccettature, addirittura, essendo sovente di spalle al pubblico è come fosse uno tra loro.  che di questa creazione artistica ha creato il dramma. Buona l’interpretazione degli attori della compagnia Teatro Tideau, iniziando da: Martina Bracali; Paolo Veglio; Tiziana De Longhi; Marilora Laddomata; Federico Portelli, non ultima Marzia Trasanna nelle loro rispettive parti, con la loro preparazione artistica, ha trasmesso al pubblico quell’inquietudine, voluta dall’autore. La stesura dei testi mantiene il brivido richiesto da un noir, La colonna sonora dello spettacolo è Malaguena, cantata da Francesco Fantò. Infine… pensavate che ci fossimo scordati…della statua del Bafometto, avvolta nel drappo realizzata da Andrea Massaro (da immagine di Lèvi). Come suggerisce anche l'illustrazione di Lèvi, è stato inoltre associato col tempo alla figura di Satana.  Una più recente e conosciuta descrizione raffigura il Bafometto o Baphomet (è un idolo pagano della cui venerazione furono accusati i Cavalieri Templari), nella forma di un capro umanoide alato con seno e una torcia sulla testa tra le corna. Sulle braccia appaiono le parole latine SOLVE (sciogli) e COAGULA (unisci). Questa immagine proviene dall'opera di Eliphas Lèvi.  

Torino (Italia), martedì 05 aprile 2016



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giovedì 31 dicembre 2015

IL CLASSICO: “DORIAN GRAY” recensione di Daniele Giordano

Tempo fa c'è capitato di assistere a un classico di Oscar Wilde: Il ritratto di Dorian Gray. Gli affezionati conoscono la storia legata al ritratto. Tante le compagnie teatrali cimentate in questa commedia, alcune con scarso successo, almeno per il momento non è questo il punto. In questo commento, è rilevare non solo la maestria del regista ma di tutta la compagnia, riuscendo a soddisfare l’esigenza dello spettatore, pur senza entrare ancora nel merito della bravura degli attori. Iniziamo partendo dall’allestimento della scenografia. Benchè lo spazio sia minimo a disposizione, diventa arduo mettere in scena un'opera teatrale di tale spessore. Nonostante ciò, il direttore artistico è riuscito far stare tutti i quadri che compongono l’opera in una ridotta dimensione come quella del Lombroso 16, dell'omonima via in Torino. Sembra assurdo parlare di questo, poichè le piccole cose fanno la distinzione, evidenziando la professionalità dell’allestitore! Entrando invece nel merito degli attori, campeggia la competenza artistica di Marina Di Paola (cura anche adattamento al testo insieme al regista), riesce a “infastidire brillantemente” con la cinica figura di Dorian Gray, il ruolo è stato apprezzabile. Che dire delle qualità di attore riuscendo a dare la giusta sensibilità alla figura di Basil Hallwort, perfettamente interpretato da Massimo Saracino. Con loro si affaccia una figura nota in ambito teatrale, quella di Massimo Chionetti, riveste i panni di Lord Herry Watton, ruolo non facile, la sua preparazione artistica gli rende giustizia. Due nuove entrate si fondono nella compagnia. Abbiamo Marta Grosso e Chiara Primiani, rispettivamente Sybil Vane e Signora Vane. Non ultimo Riccardo Micca, senza avere benché un minimo d’incertezza, gli tocchi il difficile compito del prosatore, la sua abilità oratoria, ha fatto in modo che la narrazione non distogliesse o annoiasse mai il pubblico per tutto il tempo del componimento teatrale. Tutto questo… non avrebbe luogo e senso… se non ci fossero le due compagnie “legate da qualche tempo”, quali Thealtro e L’Opera Rinata – CambiaMenti Teatro, entrambe continuano con successo il loro percorso artistico, all’occasione si ”fondono” creando spettacoli di rilievo come in questo caso. Guardando l’insieme della realtà, il merito si deve riconoscere chi per certi versi “tiene  le redini” di tutto questo. Lui, l’uomo dei CambiaMenti Teatro: attore, autore e regista Valter Carignano, in questa pièce lo troviamo nei panni di Isaacs. La sua bravura, è tale che con disinvoltura egli passa dalle Opere e Romanze alle sue Giallocomiche nei racconti del commissario Pautasso, sino a offrire un capolavoro come Dorian Gray, proponendo drammaturgie sempre ricercate. Le due compagnie, hanno dimostrato nelle loro interpretazioni, di saper dare ciò che lo spettatore si aspetta, suscitando innovazioni da parte loro!

Torino (Italia), martedì 29 dicembre 2015 


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martedì 29 dicembre 2015

UN “CAVAGNA SENZA DON” recensione di Daniele Giordano

Potrebbe sembrare il sequel di Highlander… e poi ne rimase solo uno! Su di lui, i titoli dei quotidiani rincarano la dose proprio perché ultimo tra i nomi di rilievo come i capiscuola: Macario, Campanini e Ferrero, tanto per citare alcuni che han fatto grande il teatro recitando le commedie in piemontese. Ora è rimasto solo lui. Se non si è capito, stiamo parlando di Giorgio Molino, ultimo baluardo della commedia dialettale in piemontese.
La sua carriera inizia al teatro Carignano in un lontano 1945 con < Bimbi alla ribalta > e, senza elencare tutti i titoli…portati in palcoscenico, di strada né ha percorso da allora. Se i prosceni potessero parlare… si sentirebbe un eco di ovazione nei suoi confronti. In quest'ultimo periodo ha dovuto assentarsi per un’intera stagione dal suo amato pubblico sia per il genere, altrettanto per stima a Molino, ora come nuovo, pronto a celebrare i suoi settant’anni di carriera tra loro, portando uno spettacolo nel bellissimo teatro, San Giuseppe (via Andrea Doria 18 Torino), proprio durante le feste natalizie. Non stanco della polvere teatrale “assaporata” sui molteplici palchi, incrollabile continua il suo cammino, tant’è che da poco ha fatto rinascere dalle ceneri di un dopolavoro aziendale di una nota casa di pneumatici un luogo culturale, con tanto di teatro, perché tanta è la sua passione. La dinamicità che sprigiona, si trova in ogni suo spettacolo, come ad esempio l’ultimo lavoro “Quel Cavagna senza Don” curandone stesura e regia, dove troviamo il Cavagna tra i pensionanti di un ospizio… una farsa tipica della commedia piemontese. A fare da corollario di questo “gerontocomio” troviamo nei rispettivi ruoli, interpreti come Giulio Liberati, Alessandra Botticelli, Gioachin, Margherita Amateis, Ugo De Los Rios, con Daniele Villari, Luisella Aghem, Eliana Ferrero e poi ancora Gabriele Gerardi, Roberto Chiarelli, Lucia Colla e Giacomino Bardina. Lo spettacolo si apre tra le classiche note della canzone Amapola (e altre), con grande perizia suonata tutte dal vivo dal Maestro Alberto Vindrola. Su “Quel Cavagna senza Don” il pubblico è preparato, ma quello che non sa ancora, è cosa ha scritto su di lui Giorgio Molino in merito a questa nuova commedia, sta a voi scoprirlo andando a vederla… Si replica sino al 6 gennaio, mentre la notte di Capodanno oltre i soliti festeggiamenti ci sarà una sorpresa in più dalle ore 00,30 con uno spettacolo in aggiunta.

Torino (Italia), lunedì 28 dicembre 2015  



martedì 24 novembre 2015

L’OCCASIONE, FINE DELLA TRILOGIA recensione di Daniele Giordano

Marco Cavallaro attore teatrale, l’abbiamo visto in situazioni recitative diverse (alcune anche troppo bizzarre), questo ci ha permesso di formulare opinioni. I brusii benevoli mormorati in sala a fine recita si sprecano. Ognuno dice la propria. Assistendo agli spettacoli, volgendo lo sguardo sul pubblico, notiamo un “velo trasparente” una parte con il desiderio compiaciuto, l’altra un leggero diniego. Due sfaccettature della stessa medaglia! E’ sempre lui, qualsiasi “abito scenico” indossa, è questo che “l’altra parte” dovrebbe intendere, cambia solo la circostanza. Come ad esempio quello presentato al teatro Gioiello in Torino dal titolo “L’Occasione” con esso, termina la sua trilogia sull’amore. Un monologo cui il Cavallaro è particolarmente legato, questo soliloquio è stato  portato in scena in tutta la penisola, narra di una storia commovente, dimostrato dall’afflusso del pubblico. In questa interpretazione, troviamo l’artista alle prese del solito bivio: rifugiarsi andando nella sua solitudine casa o passare qualche ora in un bar a bere qualcosa distraendo i suoi pensieri. Questo perché è stato lasciato dal suo grande amore circa due anni or sono… per lui è solo ieri! E’ qui la commedia prende vita, in un groviglio di reminescenze, pensieri che attanagliano la mente col suo tarlo, senza darsi pace e, senza alcuna spiegazione logica data allo spettatore, distraendolo su qualsiasi risultato… sino alla fine del dilemma! Non desideriamo togliere il gusto finale allo spettatore su questo toccante spettacolo e, forse qualcuno del pubblico potrebbe riconoscersi nelle vesti di Cavallaro!
Come sempre ed è inutile evidenziare, Marco Cavallaro su qualsiasi palco salga che sia semplice gag o esibizione seria, sa perfettamente rispettare tempi e pause senza “bruciarle” come spesso accade altrove, questo a lui non succede. L’attore dal suo profondo, ama esibirsi in monologhi, interagire se capita con i presenti. Le recite espresse, vestono bene la sua figura pur muovendosi teatralmente in circostanze diverse. La sua entrata è disinvolta, oseremmo azzardare con padronanza scenica che solo un interprete con notevole esperienza saprebbe fare.


Torino (Italia), martedì 24 novembre 2015

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lunedì 23 novembre 2015

MIA MOGLIE PARLA STRANO recensione di Daniele Giordano

Moglie e Buoi dei paesi tuoi, una volta dicevano così! I tempi, come le mode cambiano, le persone si sono globalizzate, non sussiste più quel detto citato. I punti cardinali sono solo riferimenti… ma non per l’amore, esso non ha confini. Questo capita in scena con Alfredo Collina (regia di Corrado Accordino) e Barbara Bertato. Un lombardo sposato con una donna del sud, sin da tempi remoti è il classico di sempre: l’incomprensione del linguaggio. Così si presenta sul palco la commedia “Mia moglie parla strano”portato da Monza sino alla Città di Rivoli (TO). I due attori fanno parte della compagnia “La danza immobile” che li vede protagonisti in una commedia brillante, ricca di trovate spassose a dir poco farsesche da coinvolgere lo spettatore dopo la prima manciata di minuti in scena, mantenendo un ritmo crescente tra ilarità e applausi. Il loro debutto presso il Teatro San Paolo di Rivoli è stato accolto con affettuose acclamazioni. Una compagnia nuova per il circuito, tutta da scoprire, noi l’abbiamo fatto col pubblico del teatro, grazie all’intuizione di Campotheatro. Il piacevole spettacolo dai contenuti attuali, focalizza conflitti coniugali (suocera compresa), accenna il tema omosessuale non proprio facile da esporre, adozione a distanza e quant’altro ma evidenziati con una sensibilità che li contraddistingue, trasportandoli in uno spettacolo intelligente, fatto di mimiche e battute proprio come titola la rappresentazione, portandone il dovuto rispetto, lasciando uno spazio per il suo inatteso finale. Una compagnia da tenere presente qualora si ripresenti l’occasione.

Torino (Italia), sabato 21 novembre 2015

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martedì 27 ottobre 2015

I GUAI DI DON FEDELE BERTONE recensione di Daniele Giordano

Sarebbe piaciuta anche a Erminio, vedere la rappresentazione scenica di “Don Fedele Bertone quanti guai in processione” alla prima del teatro San Paolo di Rivoli (TO), così com'è stata riscritta da Roberto Bottino e dalla regista Danila Stievano. Ripresa da FINESTRE SUL PO’ e dopo averla riveduta e corretta  senza stravolgerla, soffiandole via quel tanto che basta di quella patina leggermente opaca mai tramontata, la compagnia ha voluto rendere omaggio all’intramontabile Macario. Una commedia dove narra le vicissitudini di un prete – fluttuante – cioè senza fissa dimora, all’occorrenza, pronto per un battesimo o funerale… purchè si rimedi almeno il pasto. Suo malgrado, capita in casa Gallina. Da quel momento in poi i tre atti prendono vita tra episodi divertenti. La brava Stievano, veste i panni di Brigida Gallina, pia donna… che di femminile ha ben poco… Gli attori di questa soddisfacente rassegna in dialetto (per la prima volta su ciò che mancava al San Paolo di Rivoli), presente sulla scena è Valeria Pedone nei panni di Clara che il padre Ernesto Gallina vuole darla in sposa a un vecchio blasonato. Sua moglie Margherita (Patrizia Doria), troviamo poi il giovanotto Riccardo (spasimante condiviso di Clara) nipote di Sua Eminenza Don Lorenzo Raineri (Roberto Bottino). Per continuare la stirpe, troviamo Virginia, sorella del padrone di casa Gallina e Ida la madre, col suo denaro "foraggia" l’agiata vita della casa (rispettivamente Gabriella Ricci e Anna Cresto Ferrino). Con l’arrivo dell’alto prelato in casa Gallina poteva mancare un maggiordomo? No di certo! Ecco, l’esuberante Vincenzo Castrovilli. Poi, lei ammaliatrice, colei che ruba i cuori solitari e non solo a quelli... una vedovella piena di fascino e… tanto calore, interpretato simpaticamente da Nella Rutigliano. La parte di Don fedele, bonario prete di campagna, allergico alle papaline e vescovi è di Piero Mattaini, bravo ma a nostro dire interpretato leggermente sopra le righe, calcando troppo quella figura che deve sì far ridere, ma senza strafare. Beh, cosa vi raccontiamo… questa messa in scena va vista più che raccontata! Altri che compongono lo staff tecnico: Nino Pelle, Federica Astori, Giangi Grosso (per questa volta nel retroscena) e Fabio Mattaini. Musiche di Guido Coniglio. Lo spettacolo scorre senza annoiare, per chi non l’avesse ancora visto, dovrebbe affrettarsi. 

Torino (Italia), martedì 27 ottobre 2015


mercoledì 14 ottobre 2015

PAUTASSO E LE SUE GIALLOCOMICHE recensione di Daniele Giordano

Con la nuova stagione riprendono le stravaganti imprese di Pautasso commissario della Torino del ‘900. Uomo stravagante, sempre pronto a combattere duramente la malavita d’antàn, riverente e permissivo verso la sua “adorabile” dolce metà… nascosta (non si vede mai, in compenso si sente il suo starnazzare) come la moglie di quel tenente televisivo. Gli episodi, oltre a essere commedie, narrano pezzi reali di storia torinese. Un connubio ben coniugato tra cultura e farsa che non necessariamente debba essere collocato e ambientato nella grigia e fumosa città torinese, il Pautasso potrebbe essere ambientato in qualsiasi regione d’Italia, giacché un possa esistere ovunque. Sì, amici lettori, ritornano i racconti giallocomici, scritti e diretti da Valter Carignano. Li presenta una volta al mese con la formula: Il Teatro all’ora del The. Si comprende che la recita sia pomeridiana e domenicale. Idea, piaciuta moltissimo sin dal primo debutto, sarà perché non è la solita commedia dove si assiste e basta. In questa recita sei dentro, interagisci con gli attori de l’Opera Rinata insieme a Thealtro, in base agli indizi scoprire chi è il colpevole.  Quasi due ore di spettacolo, dove ogni persona è concentrata su ogni battuta pronunciata dai commedianti… diventando tutti il “Commissario Pautasso” cercando di scoprire gli autori dei misfatti, come nel caso del presentato in occasione dell’apertura della stagione 2015/16. Il cast di questo spettacolo, è composto da Marina Di Paola che riprende le sue vesti di maga Osiride, Massimo Chionetti, un segretario tutto fare, maniacale della pulizia… oseremmo dire… fin troppo sul fare! L’eclettico Enrico Cravero, con la sua “erre moscia” e le sue gestualità mandano in visibilio i presenti, Massimo Saracino, passa da un ruolo all’altro con estrema disinvoltura, Riccardo Micca (nei panni di Cesare Lombroso) si è calato piacevole nella parte. Che dire di questa mente che cerca in tutti i modi di accontentare non solo il pubblico adulto… ora intrattiene un nutrito numero di piccoli fan, emuli e amabili sostenitori del Commissario. L’artefice di chi gestisce tutto questo risponde a Valter Carignano che ha diretto da sempre tutta la vicenda indossando l’abito… o meglio l’impermeabile del Commissario Pautasso, oltre aver saputo cogliere al volo l’idea partorita dall’attrice Di Paola e trasformarla in quello che oggi potrebbe essere definito un piccolo cavallo di battaglia di entrambe le compagnie, nonostante si muovano su scene differenti. L’Opera Rinata è una compagnia che si occupa di allestire spettacoli teatrali di musica classica e non solo, mentre Thealtro spazia con commedie dai classici a quelle moderne, sfiorando sovente quei temi particolari a sfondo sociale. Insieme hanno realizzano questo simpatico appuntamento di episodi, se pur leggeri, distraggono benevolmente la mente, mettendola in movimento alla ricerca di un colpevole. Le recite sono piene di fascino, sottile è il confine tra quanto ci sia di vero e quanto d’inventato. Uno spettacolo miscelato in modo soddisfacente, apprezzato non solo dai grandi, dimostra che molti sono i bambini che seguono con costanza. Le risate si sprecano… altrimenti che GialloComiche sarebbe… si esce tutti sorridenti e soddisfatti. Gli attori nel recitare creano uno stato di simbiosi col pubblico, nonostante la diversità di età. Questo non comporta nessun problema, infatti, si è dimostrato già dalla sua prima uscita fatta quest’anno, tanto che il regista non si aspettava un afflusso così imponente… evidentemente il tema piace… anche a noi non dispiace!

Torino (Italia), lunedì 12 ottobre 2015


martedì 13 ottobre 2015

UNA MIRANDOLINA…DIVERSA DAL SOLITO recensione di Daniele Giordano

Non si poteva credere alle parole dette durante la conferenza stampa dalla compagnia Campotheatro quando annunciava la programmazione della stagione 2015/16 del Teatro San Paolo in Rivoli (TO), mettendo in cartellone un classico come < La Locandiera> di Carlo Goldoni… lasciata in mano a Ivan Fabio Perna come regista. Lui, seguace di commedie americane oltre a trastullarsi con altrettante compiaciute commedie contemporanee… vi rendete conto cosa potrebbe o sarebbe in grado di “partorire” la sua vivace mente… magari anche leggermente inconsueta, tanto piacente al suo nutrito pubblico? Prontamente, ha accettato la sfida! Veniamo alla commedia. Sappiamo tutti chi è, e cosa fa la desiderosa Mirandolina, soprattutto del perché gli avventori frequentano la sua locanda. Essi vanno solo per voler le “grazie della piacente” padrona. Non desideriamo raccontare ciò che più volte è stato visto e recensito su questo capolavoro del settecento del commediografo. Ci soffermeremo invece di com'è stata composta la commedia… con la regia di Perna! Buio in sala… il sipario si apre come consuetudine, nella penombra s’intravedono figure inanimate in goffe posizioni. Lentamente prendono vita muovendosi come marionette! Questo è il fulcro dello spettacolo senza aggiungere altro. Qui entra la figura… non di Mirandolina… ma di colei capace di tirare i fili di quei burattini che sostano alla locanda, facendo fuoriuscire l’abilità con cui le donne… il “sesso debole” per intenderci…prevalgono sull’uomo… lasciando un segno di riflessione!
Un elogio al sottile e arguto a Tony Skandal, direttore creativo, ha dato un incipit alla commedia, vedendo oltre la veste del personaggio principale, senza dissacrarne l’opera goldoniana, Prontamente il regista ha fatto suo il suggerimento spolverando dai loro abiti quella polvere che si porta addosso da trecento anni l’opera teatrale, con un rituale quasi magico, pur mantenendo lo stile storico sia nel vestiario sia l’ambientazione. Una differente recita da quelle usuali, ricercando l’espressione e tecnica interpretativa dei personaggi e della cultura dell’epoca che il regista ha saputo fissare i contenuti sulla protagonista, ricavandone una dagli abituali lavori teatrali, senza annoiare il pubblico nei tre atti della recita. I compagni di avventura scenica che si sono esibiti sotto la guida di Ivan Fabio Perna sono: la protagonista Patrizia Battaglia, brillante esecuzione, Niko Ferrucci, colonna della compagnia. Con loro i bravi: Bruno Sasso, Paolo Nani, Sabrina Lucarelli, Grazia Audero, Mauro Pavesi. Per ultimo, lasciato volutamente, troviamo Mauro Stante, con le sue “entrate divertenti” fatte con competente professionalità, dando una carica esuberante al personaggio del Marchese di Forlinpopoli da lui interpretato. Sia il regista, sia la compagnia teatrale Campotheatro saranno soddisfatti di come il pubblico ha reagito a questa particolare rappresentazione teatrale, noi del resto avendo assistito a questa piacevole prima, dobbiamo prenderne atto, scrivendo… per coloro che non l’hanno vista!

Torino (Italia), lunedì 12 ottobre 2015





sabato 6 giugno 2015

LE JEU DE L'AMOUR ET DU HASARD recensione di Daniele Giordano

Pierre Carlet de Chamblain de Marivaux, drammaturgo e scrittore francese, considerato il più importante commediografo di Francia del XVIII secolo, intitola così “il gioco dell’amore e del caso” uno dei suoi capolavori. Il testo, incentrato sullo scambio di ruoli tra alcuni personaggi della vicenda, ricorda la Commedia dell’Assurdo. Prontamente, la compagnia Saltapasti, rivisitandone il contenuto l’ha portato in scena recentemente al Teatro Matteotti di Moncalieri (TO) ricevendo numerosi applausi. Attraverso una forma espressiva qual è la commedia, riesce a descrivere in un gioco l’amore, sebbene la pièce sia del 1729, continua nelle sue ambigue metamorfosi ludiche dei personaggi e le parole penetranti, lascia allo spettatore una riflessione del nostro quotidiano. Durante la recita, si susseguono scambi tra servi nei panni di padroni e padroni vestiti da servi, tutti alla ricerca dell’amore, parola dal suono melodioso e magico, conservandone durante la recitazione la grazia e la superiorità di Marivaux, urtandosi spesso con le consuetudini convenzioni di società del tempo, facendo emergere contraddizioni dei personaggi divisi tra la verità e l'inganno. E’ come dire "essere e apparire" sul gioco della passione, mostrando l'essenza di una natura umana instabile, piena di perplessità. Per fortuna… alla fine, proprio sulla parola "amore" è trionfo! Interpretato da Cecilia Agapito nel ruolo di Margherita, Matteo Bizzotto è Dorante. Chi se non Luca Buggio poteva impersonare Orgone, mentre Sara Consoli è Lisetta, invece nei panni di Arlecchino trova Lorenzo Goria e poi Alessandro Guzzardi (Doremi), infine Bianca Montanaro è Silvia.

Torino (Italia), sabato 6 giugno 2015



giovedì 21 maggio 2015

IL BACIO DELLA VEDOVA recensione di Daniele Giordano

Sarà perché a teatro, questo genere è poco considerato dagli autori contemporanei, ancor meno rappresentato da pochissime compagnie. Quando capita, si riesce ad assaporarne l’essenza di quello che circonda la parte scenica coinvolgendoti sino a cogliere le sfumature che emana. Quello di cui stiamo scrivendo, inizia come una commedia, poi la suspence ti avvolge, entri, l’atmosfera si trasforma in un thriller teatrale. Scritto da uno dei noti autori americani contemporanei tratta una storia incredibile, avvincente e imprevedibile. Arci Crisp e George Ferguson, sono due operai di un'imprecisata provincia americana e lavorano in una cartiera. Una sera Arci rivela a George di avere un appuntamento con un'ex-compagna di scuola, Margi Palumbo, che ha incontrato per caso il giorno precedente; entrambi però sono a conoscenza del perchè lei sia tornata in città. I due ricordano gli anni di scuola, parlano di lei e in particolare del suo successo. All'improvviso Margi appare al deposito, è arrivata all'appuntamento. Fra i tre s'instaura immediatamente un rapporto ambiguo nel ricordare "i vecchi tempi" e nel raccontarsi la vita dopo gli anni di scuola. In un crescendo si svela una storia che ha dell'incredibile... Una drammaturgia riuscita, ben recitato, mantenendo nel suo crescendo interessato il pubblico, sebbene il luogo non sia adeguato a questo genere, riesce comunque a ottenere la palpabile atmosfera noir. L’attrice Rebecca Rossetti per niente imbarazzata nella scena principale, riesce a rendere il suo personaggio affascinante, affiancata da altrettanto bravi attori quali: Jurij Ferrini che cura anche la regia e Francesco Gargiulo.  


Torino (Italia), lunedì 18 maggio 2015

mercoledì 20 maggio 2015

SIGMUN & CARLO recensione di Daniele Giordano

SIGMUN & CARLO recensione di Daniele Giordano
Forse sarà il passaparola oppure il caso a gremire la sala dell’Unione Culturale in Torino, per la rappresentazione di Sigmund & Carlo con gli attori Roberto Cardone e Niko Mucci (quest’ultimo cura anche la regia) delle compagnie Libera Scena Ensamble/Teatri Associati di Napoli. Sul palco due attori… al momento sconosciuti tra loro, però non lascia alcun dubbio… sul perché si trovano seduti su una panchina del parco di fronte a una scuola superiore… Tra loro il dialogo non è di quelli che si dice “amichevole” pur avendo lo stesso vestiario, dalle apparenze anche qualcos’altro… in modo visibile e definibile! Descriviamo in due battute il loro abbigliamento: solamente un impermeabile addosso… e niente più! Lo spettatore arguto e ben informato, sa benissimo chi abitualmente usa un simile abbigliamento anche in piena estate, soprattutto trovandosi nelle vicinanze di una scuola al suono dell’ultima campanella, in attesa di essere invasi da ondate di ragazzine pronte all’uscita. Eh, sì direte voi, è la solita storia di due individui pronti a esibire alle giovani, “l’arma letale” per goderne appieno dei loro gemiti o altro per assaporarne il fremito godereccio! Nel frattempo, prima che questo avvenga, il “padrone di casa della panchina” non desidera sovrapposizioni all’azione che potrebbero creare confusioni, cercando in molteplici modi di allontanare l’anonimo intruso. Questa grottesca pantomima per i nostri attori, continua tra risate echeggianti in sala, sino a diventare amici “mostrando uno all’altro” quanto tra breve dovrebbe essere esposto alle ragazze. In questa “veduta” viene fuori… il confronto… dolente punto, battute, provocazioni ed ecco che ritorna la diatriba dovuta alle dimensioni… Non solo anche del posto e da chi in precedenza preso a dimora. Voi avete certamente capito di cosa stiamo parlando, vero? Due esibizionisti o presunti tali, con caratterialmente opposti. Pur condividendo lo stesso pensiero uno, è abituato a dire le cose senza infiorettature, facendo notare la provenienza del suo ceto proletario, docile il secondo, di gusti raffinati, con fogge signorili pronto a sottomettersi. Dopo innumerevoli esilaranti discussioni, la commedia persiste nel suo percorso in un continuo elevarsi tra risate e battute sino al punto che i due attori decidono di presentarsi dicendo: il mio nome è Marx, ed io sono Freud… E qui si riaccende per l’ennesima volta il conflitto tra capitale e psicanalisi e non solo! E uno spettacolo da non perdere… sino al suono della campanella…!


Torino (Italia), lunedì 18 maggio 2015

ULTIMI GIORNI DEL TORINO FRINGE FESTIVAL recensione di Daniele Giordano

Per sapere cosa offriva la serata sugli spettacoli del Torino Fringe Festival… ci siamo “parcheggiati” al Garage Vian ed eccone i risultati.
NIÑA
Gatto Vaccino Teatro, compagnia torinese presenta Nina di Roberta Maraini ed Enrico Seimandi. La stesura scenica, ideata per il progetto D. N. A. (Drammaturgie Non Allineate) su l’infanzia e adolescenza, finalista a Premio Scenario 2012, narra il percorso evolutivo degli adolescenti… costantemente in fase di crescita, non solo costituzionale, con le esplosioni ormonali, restano ancora ancorati nel loro mondo onirico, con le loro fantasie infantili, spesso dimenticate dagli adulti, durante il loro passaggio adolescenziale. Ricordare per l’adulto, è come tornare indietro nel tempo remoto… ad alcuni forse non piace. L’attrice è disinvolta e padrona dello spazio che la circonda, anche quando interagisce col pubblico, accostandosi a esso dolcemente, usando un semplice cenno di penna, per invitare lo spettatore a scrivere una frase “sul magnifico abito” sarebbe meglio dire… la sua < possente armatura da Samurai > composta di fogli di carta bianca… fragile, come sono gli adolescenti nella loro purezza. La Maraini nella sua splendida esecuzione teatrale percorre queste metafore con movimenti armoniosi unendoli a effetti sonori e luminescenti scelti con perizia da Seimandi, accentuando ancor più l’evolversi del dramma, cioè lo staccarsi da quelle immaginazioni fantasiose giovanili… che zavorrano e contrastano ancora la separazione, sino a gustare l’invasione di brivido che invade, si diffonde su tutto il corpo… assaporando il primo bacio ricevuto! Lo spettacolo sebbene fosse prodotto per bambini in età dello sviluppo, si coniuga benissimo anche per gli adulti… forse come messaggio sublimale a difesa delle fasi adolescenziali che l’individuo attraversa. La serata continua…
CLOWNLOVESHOW
Immaginatevi un palco vuoto tranne che per due sedie ai lati, al centro del soffitto… penzola un cappio… Incominciamo bene anzi, male. Come se questo non bastasse, alle spalle degli spettatori, tanto per capirci dal fondo della sala, si sente un lamento, forse più simile a un piagnucolio, un miscuglio tra gemito e pianto. E’ quello di Antonio Willy Villetta (Crab – Torino), fa il suo ingresso in scena piangendo! Il pubblico intuisce (diciamo vede) il perché di questo singhiozzare: ha il cuore spezzato (in modo ben visibile). Lentamente, prende possesso del palco con il suo continuo piagnisteo chiede aiuto a un’anima gentile che lo aiuti a salire sulla sedia. Dal gesto è intuibile il seguito della scena. Nell’infilare il cappio saluta i suoi amatissimi, ultimo singhiozzo, balzo dalla sedia e… tutto finito!  Così inizia Clowloveshow. Uno spettacolo amorevolmente clownesco, simpaticamente cerca unire (presi tra il pubblico) due sconosciuti, invitandoli sul palco a interagire tra loro, iniziando con un gesto premuroso… diventando complice di suggerimenti fornendo loro qualche consiglio per fare crescere ciò che l’artista Villella… ha perso: l’Amore! Per amor loro… funge da “cupido” senza frecce… ma con regali. Uno spettacolo che tocca veramente il cuore dei presenti. L’amore per il clownesco, unisce grandi e piccini, ma il clou dello spettacolo, avviene quando l’artista entra in scena con una torta… ho addirittura col secchiello pieno d’acqua… E’ il caso di dire: il cielo aiuti, i presenti. A Willy tutto questo riesce in modo naturale e, cosa non riesce a combinare tra le risate e sgomento che impregna il pubblico. Durante lo spettacolo c’è da aspettarsi veramente di tutto… anzi di più, ma l’esperienza gioca un ruolo assai importante e Villetta conosce bene il risultato! Le sue mimiche facciali, la gestualità, i suoi gemiti gutturali impreziosiscono la rappresentazione, in alcuni casi anche senza gag, la sua espressività è la carica di questo piacevolissimo intrattenimento vede l’artista dal suo passaggio circense al sentimento amoroso, senza parlare di come riesce a interagire con grandi e piccini durante la “battaglia” senza svelare quale, sino compimento finale... toccante, apprezzato da tutti. Questo spettacolo non è da commentare, bensì da vedere! Penavate fosse finita la serata?

ANGELO DELLA GRAVITA’ (un’eresia)
S’intitola Angelo della gravità (un’eresia), autore Massimo Sgorbiani, tratta marginalmente l’opulenza sugli obesi senza entrare nel merito, poiché forse è solo un pretesto per mettere in luce un caso apparso su un giornale americano. Qui entra in gioco Michele Schiano di Cola proveniente da Napoli per deliziarci con una commedia da forti tinte. Come accennavamo la notizia riguardava un detenuto “ospite” nel braccio della morte con l’accusa di omicidio. Malgrado questo, Lo Stato che lo accusava, non poteva eseguire la sentenza emessa a causa della sua smisurata obesità, giacché l’enorme peso avrebbe spezzato non la vita del detenuto… bensì il cappio! Se pur le due opposizioni fossero contrastanti, la giustizia doveva in qualche modo procedere il suo corso… quindi con “l’aiuto del detenuto” lo misero a dieta! Il racconto è un paradosso e, va da sé, mentre il lavoro svolto da Michele sul palco va ben oltre la nostra immaginazione, egli scandisce i momenti precedenti alla sua cattura, iniziando dall’adolescenza sino al dopo la sua reclusione. Comparando le vicende che hanno portato a questo, sono alla base un delitto e sue relative conseguenze. Il detenuto, in attesa di espiare la propria colpa digiunava, faceva jogging per bruciare le kilocalorie. Intelligentemente, sapendo che il suo ultimo pasto non potesse essere negato, sarà lo scopo immaginare quale potrà essere la sua richiesta… un’enorme torta con abbondante crema! L’obeso approda alla visione celeste degli “angeli della gravità” che grazie alle loro ali vincono il peso della materia e si elevano verso l'Onnipotente. Nella certezza di entrare a far parte della schiera di questi angeli, il condannato affronta con serenità la sua morte imminente e si consegna a una paradossale ma autentica santità. A parte questo, dovremmo soffermarci sulla carica emotiva che l’attore Michele Schiano trasporta nel suo monologo, coinvolgendo lo spettatore a restare incollato alla sedia senza annoiarsi, attenti a seguire l’evolversi dei passaggi e del suo impreziosito dialogo sino alla fine. In quest’andirivieni altalena della vita, recitata in maniera esaustiva da Michele Sciano di Cola, fa notare l’infanzia del personaggio alquanto spoglia, miseramente logora, facendo notare senza falsi pudori la recitazione dell’interprete, eseguita in modo soddisfacente, raccontando i transiti non dell’obesa figura ma dell’infantile intrappolato in un corpo cresciuto a dismisura… meritevole interpretazione! Siamo giunti alla fine della serata.
SHYLOCK
Edimburgo nel suo festival, ha acclamato Shylock, lo spettacolo portato in scena e proposto da Mauro Parrinello per scelta di Francesca Montanino (provenienti da Genova/Roma) e amante della commedia Il Mercante di Venezia. Prende spunto dal personaggio uscito dalla penna di William Shakespeare, con un’insolita ipotetica verità e visione esilarante di tale opera teatrale. Il pubblico abituato a rappresentazioni di genere, non troverà una scenografia adeguata all’opera… giacché, vedranno semplicemente un muro… di scatole che l’artista aprendole di tanto in tanto, tra mimica e gag, inserisce il suo contenuto nel racconto. Simpaticamente inizia con il dileggiare supponendo che l’opera teatrale è un doppione di un’altra ben più nota commedia, quella di una novella trecentesca di sir Giovanni Fiorentino, detto Il Giannetto, prima novella della giornata quarta della raccolta di cinquanta conosciuta come  che Shakespeare ebbe modo di conoscere nella traduzione di William Painter. Chi non conosce l’opera teatrale del drammaturgo, difficilmente riuscirà a catturare le sfumature che compongono il lavoro di Gareth Armstrong autore della commedia, ma anche senza essere informato apprezzerà l’artista Parrinello nella sua effervescente esecuzione. E’ stato interpretato in modi che riflette come gli ebrei erano comunemente visti ai tempi di Shakespeare. Nel racconto, sono conservati, i personaggi Bassanio, Shylock e Porzia, oltre che la vicenda della penale di una libbra di carne. Potremmo paragonarla una dark comedy. Del resto, Shylock ha sempre diviso l’opinione pubblica: è un cattivo oppure la vittima del dramma, se non addirittura un personaggio ancor più intrigante? Parrebbe dire… questo è il vero problema… In breve, la trama portata in scena racconta di un giovane gentiluomo veneziano, che vorrebbe la mano di Porzia, ricca ereditiera di Belmonte. Per corteggiare degnamente Porzia, fa richiesta al suo carissimo amico Antonio di 3.000 ducati in prestito. Antonio, pur amando Bassanio, non può prestargli il denaro, poiché ha interamente investito nei traffici marittimi. Tuttavia garantirà per lui presso Shylock, ricco usuraio ebreo, disprezzato dai cristiani e a sua volta li disprezza. Soprattutto non sopporta Antonio, il mercante di Venezia, che presta denaro gratuitamente, facendo abbassare il tasso d'interesse nella città, e che lo umilia pubblicamente con pesanti insulti. Shylock accorda il prestito a una condizione in caso di mancato pagamento, vuole una libbra della carne di Antonio. La sfortuna si accanisce su Shylock: sua figlia Jessica fugge da casa sposando un cristiano di nome Lorenzo, fuggendo ha portato con se  2.000 ducati e soprattutto lo scrigno contenente l’anello donato a Shylock dalla defunta moglie. L'unica consolazione di Shylock deriva dalla sfortuna di Antonio, non potrà saldare il debito. Mauro Parrinello dimostra la sua brillantezza d'interpretazione, con una tra le più belle creazioni di Shakespeare portando anche in piccoli spazi la magia del teatro!

Torino (Italia), sabato 16 maggio 2015