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giovedì 17 agosto 2017

LA REGINA DEI FIORI: LA ROSA di Daniele Giordano


Le prime notizie sulle rose si perdono nella notte dei tempi. E’ un simbolo di per sé complesso, i suoi petali, racchiude significati totalmente contrastanti, potendo nello stesso momento significare perfezione celeste e passione terrena, vita e morte, fecondità e verginità. Nel Medioevo, leggende e superstizioni la legavano alle streghe, ma era il fiore prediletto dalle Fate. In tempi moderni potremmo definire la rosa un fiore ambivalente.
E sempre, parlando di rose, viene in mente la storia de Il Piccolo Principe di Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, meglio conosciuto come Antoine de Saint-Exupéry, narra di un principe provenire da un lontano asteroide, sul quale abita solo, a tenergli compagnia tre vulcani di cui uno inattivo e una piccola rosa, molto vanitosa, che lui cura e ama. È fra le opere letterarie più celebri del XX secolo, nella classifica, è il terzo libro dei più letti oltre la Bibbia e il Corano, stampato in più di 150 milioni di copie in tutto il mondo e tradotto in trecento lingue e dialetti e nelle lingue più parlate dei cinque continenti. Non è dell’opera che intendiamo scrivere, l’abbiamo già recensita sul corrieredellospettacolo.net, desideravamo portarvi alla conoscenza se pur breve di questa famiglia delle Rosaceae.
Certamente, le prime a essere colte venivano utilizzate in medicina, i Romani ne facevano già uso, antichi testi riportano unguenti e pozioni che ancor oggi i ”galenici moderni” confezionano. Inoltrandoci… senza pungerci... cercheremo di saperne di più su questo fiore e su com’è stato il viaggio che le ha condotte sino ai giorni odierni.
Intanto si deve essere bravi giardinieri o vivaisti, meglio dire, cultori di antiche rose, quelle quasi estinte, ormai rare, per dedicarsi ad esse, cosa non facile. Di certo nei paesi Anglosassoni o in altri Stati di tutti i cinque Continenti trova un largo seguito. Sorge una domanda, perché l’Italia non è mai stata protagonista nella storia della rosa, poi è così diffuso questo genere di collezionismo? Per saperlo dobbiamo proseguire nella lettura.
Come sempre le leggende si sprecano, in questo caso, anche per la “regina dei fiori”, ne abbiamo trovata una, ma c’è ne sono tante altre altrettanto romantiche.
ROSA ODORATA
Si narra che le rose siano state create dalla spuma del mare che circondavano Afrodite, dea dell'amore, mentre usciva dalle acque, un altro diede, il seme per poterla coltivare, la dea Flora aveva donato i petali... Il risultato finale fu sorprendente, il racconto continua, ma noi dobbiamo interromperlo per proseguire il viaggio di questo meraviglioso fiore. Suddivise in numerose varietà con infiniti ibridi, è originaria dell’Europa e Dell’Asia, alcune classi sono antiche, altre sono il risultato della mano (ibridazione) dell’uomo. Tre, i gruppi importanti di rose: Quelle selvatiche (forse le più profumate) e relativi ibridi, le antiche e moderne. Pare un vero e proprio hobby di giardinaggio quello dedicato alle rose. Scherziamo naturalmente, qui ci vuole dedizione e passione botanica, tante sono le genealogie delle rose nel mondo, dalla grande collezione d’Europa a quelle antiche cinesi, in particolare le discendenti come la Rosa Odorata, arbusto vigoroso e sano. I fiori semidoppi dalla fragranza deliziosa. Vogliamo parlare della casa in Umbria della pittrice Ducrot, più che un giardino quello di Vicky e Isabella è una fissazione la loro per le rose, con le tremila piante di 650 diverse varietà scovate nel corso di innumerevoli viaggi e poi piantate semplicemente, una appresso all’altra da formare una siepe. Si possono trovare specie rare, come la Hemisphaerica gialla sulfurea, la botanica Belle sultane o la profumata Temple. Il professor Gianfranco Fineschi, laureato in medicina e chirurgia sulle lesioni vascolari traumatiche degli arti e sulla sindrome di Volkmann, è riuscito a coniugare la scienza con l’umanesimo e la cultura. In vita, era conosciuto come il “rosaista e rodologo” appassionato e studioso non meno collezionista di tutte le specie botaniche del Genius Rosa, creando un grande roseto con oltre seimila varietà di rosai, dedicato poi in memoria di sua moglie Carla. Gli appassionati troveranno un ibrido di multiflora moscata che porta
il suo nome.
Queste sono alcuni numeri che in certi giardini si contano, come le varietà di rose del mondo con cifre da capogiro dovuto al loro costo, un vero business.
Chi l’avrebbe mai detto che questo semplice e bellissimo fiore dai petali vellutati con sfumature diverse una dall’altra, l’inebriante e delicato profumo ti avvolge nel suo essere, se non fosse per quelle spine sul gambo ma in egual misura la rendono ancora più sensuale.
Queste sono alcuni numeri che in certi giardini si contano, come le varietà di rose del mondo con cifre da capogiro dovuto al loro costo, un vero business.
Chi l’avrebbe mai detto che questo semplice e bellissimo fiore dai petali vellutati con sfumature diverse una dall’altra, l’inebriante e delicato profumo ti avvolge nel suo essere, se non fosse per quelle spine sul gambo ma in egual misura la rendono ancora più sensuale.
Giunta da chissà dove per essere nuovamente esportata in Abissinia. La portò con se Fromenzio, prima di essere nominato Vescovo. Nella tradizione etiopica fu chiamato Abuna Salama (Padre della Pace), vedendo la rosa, il botanico francese Achille Ricard, la etichettò come la Rosa Sancta. Fu uno scienziato scrupoloso e osservatore attento, autore di numerosi libri, ancora oggi considerati dei capisaldi della Botanica. La rosa è sempre stata legata alla chiesa, molte raffigurazioni di santi hanno una rosa, le troviamo nel “Ritiano per eccellenza” dove si narra di Rita, una devota che in punto di morte avesse espresso il desiderio di avere con se una rosa, cosa non facile trovare una rosa fiorita in un gelido inverno… eppure in giardino, dall’unico roseto spuntò una sola rosa quella di Santa Rita da Cascia, la Santa degli Impossibili, nonostante le spine che la vita le aveva riservato, ma questo solo per chi conosce la storia della Santa.
Testimonianza letteraria e sanscriti cinesi confermano, l’acqua di rose è stato il “legame tra l’Oriente e l’Occidente“ fin dal VIII e IX secolo. In Persia, il commercio si estendeva oltre i confini. Seppur di un’altra specie: La Damascena o Rosa di Damasco, nota come Kazanlik o
ROSA di DAMASCO
Trigintipetal, è conosciuta non solo tra i Persiani, celebre il Poema di Said che in prosa scrisse Giulistan, ossia il roseto. La Bulgaria è il maggior produttore di rose, ai piedi dei monti Balcani esiste un’intera vallata interamente ricoperta di piante di rose, i numerosi fiori dal profumo intenso, vengono coltivate da secoli per la produzione di essenze, da esse si estrae l’olio di rosa, mediante distillazione dei petali, per ottenere una sola goccia d’olio, vengono usati 30 fiori, adesso capite del perché del suo costo. A Taif in Arabia Saudita, si produce la più rara e costosa acqua di rose. Sembra che alcune varietà di rose, non siano talmente antiche da risalire all’epoca dei Romani, ma tra la fine del XVI e l’inizio del XVIII secolo avvenne un fatto straordinario: I Paesi Bassi, introdussero duecento varietà di Rosa Centifolia, la particolarità di questa specie, è l’addensamento di petali intorno agli stami, sono talmente fitti da renderli praticamente irraggiungibili da parte degli insetti e dalla mano dell’uomo. Una varietà di rosa fu quella dell’ibridatore Pastoret, la chiamò Torre di Malakoff, una delle ultime e rare ottenute nel XIX secolo.
Durante il periodo della Belle Epoque, questo fiore ebbe un momento fulgido, i pittori hanno fatto della rosa la loro icona, se pensiamo al giardino di Giverny, dove Claude Monet (1840-1926) amava dipingere le sue ninfee, quasi sempre in compagnia di rose. In un suo dipinto < Les Arceaux fleuris > è rappresentato un arco di rose fiorite, altrettanto lo sono state le rose ai lati del viale che conduceva alla casa dipinta di colore verde, accompagnati dalla fragranza del suo profumo intenso e dalle sfumature colorate dei suoi petali. E proprio in un giardino di Vichy che fu scoperta la Belle Vichyssoise, altra varietà di rosa! Cavalieri donavano le rose alle signore per qualsiasi circostanza. Potremmo continuare all’infinito sulla passione per le rose, un fiore che non ha sesso, uomini, donne s’innamorano della rosa, dalla più antica, quelle quasi estinte, naturalmente sono le più ricercate e costose. Prendiamo Gwen Fagan, raccogliendo le rose storiche del Capo Occidentale, traccia la storia in un libro di queste gloriose e vetuste rose, per una strana coincidenza le pianta nel suo giardino, ritenute rose “fuori moda” divenute poi ricercatissime, casi che potrebbero capitare nel mondo delle rose. La Fagan, per assimilare profonda conoscenza sulle Roseaceae, fa visita a roseti antichi, ma gli autentici tesori li trova dove sono custoditi, nei vecchi giardini e cimiteri, trovando rose di natura spontanea come la Jasminum multipartitum (Gelsomino di Primavera)
JASMINUM MULTIPARTITUM
che formano siepi a bordo strada o una Rosa moschata. Varietà dalle origini selvatiche, di incerta la provenienza della specie, probabile possa trovarsi sull’Himalaya occidentale.
Da questa storia nasce l’esperienza in cui potreste essere sedotti, uscirne inebriati, è un racconto affascinante come è stata la sua evoluzione, dopo innumerevoli tentativi, la mano esperta ha trovato il modo, per riprodurre le varietà rose, peccato per alcune perse nel tempo. Ci piacerebbe continuare questa piacevole storia fatta di rose e roseti antichi e moderni, purtroppo lo spazio non basta per descrivere le sue qualità oltre la bellezza, speriamo di avervi incuriositi e, se fossimo riusciti… bene, questo era il nostro intento...

Torino (Italia), mercoledì 16 agosto 2017
 
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A cura dell’Autore. Copyright 1990 – Fragment (consider revising). Daniele Giordano mail: lonevolfilm@gmail.com All Rights Reserved.













lunedì 14 agosto 2017

UN MISTERO DA RISOLVERE di Daniele Giordano

I detectives non scompaiono fin tanto che c’è un mistero da risolvere… Ricordate Marlow, Mike Hammer, Holms e chissà quanti ancora con la loro flemma risolveva casi che sembravano insoluti. Alle volte capita leggere semplici trafiletti su giornali, in alcuni casi anche più di un semplice trafiletto. Sovente, la professione del reporter è legata alla parola "ficcanaso” è pur vero che se non ci fossero, tante notizie rimarrebbero sepolte da altre carte, senza risolvere alcun mistero. Chieri, una ridente cittadina posta sulla collina torinese, chi vi abita sono persone a modo, sempre in movimento per quanto riguarda gli eventi attirando gente anche da Torino con il suo spettacolare “Ritorno al Medioevo” con la produzione del vino Freisa, si contende i filari della Villa Regina in Torino, boutique alla moda, passeggiata centrale per shopping o guardare le novità in vetrina, a questo Comune non manca niente per renderla una città vivibile. Eppure… anche qui, un mistero aleggia dagli anni ’80. L’Arco di Chieri reclama la sua Fontana e il suo Putto! Trentasette anni di silenzio gaudioso per qualcuno, ma non per tutti, qualcuno, ha iniziato a sollevare una leggera polvere che non passa inosservata. Com’è possibile fare sparire una fontana e porre al suo posto un’edicola di giornali, senza che nessuno si prendesse cura di chiedere dove finirà? Dagli anni ottanta, il tempo passa, il mistero s’infittisce sempre di più, però inizia a trovare uno spiraglio di luce. All’epoca, fu stata spostata in altro loco nei giardinetti di Piazza Silvio Pellico, se non fosse perché durante il trasporto è arrivato solo il basamento, mancante di tutto il resto. Il più arguto investigatore avrebbe dedotto che dal primo tragitto alla nuova dimora, la colonna con sopra la vaschetta piccola col Putto non arrivò a destinazione, deduzione: entrambi spariti. Bene, cioè male, c’è qualcosa che non quadra! Dopo diverse traversie accadute al basamento dopo il trasloco… poofff come per incanto: Sparito anche quello! Ora, alcuni cittadini si sono chiesti (forse in ritardo, ma inizia a fare eco) dove sarà finita quella fontana che ornava lo spazio adiacente all’Arco? Gli indizi ci sono tutti, il carico trasportato avrebbe dei documenti di viaggio al seguito e poi ancora. Da questo punto di partenza, si dovrebbero muovere gli abili detectives citati all’inizio. Di certo, dal Comune sapranno rispondere ai concittadini, risolvendo il mistero della Fontana con Putto scomparsa dal 1980 e magari ricollocandola nuovamente, regalando nuovamente sonno ai giusti.

Torino (Italia), venerdì 11 agosto 2017



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lunedì 7 agosto 2017

SUPERSTITION... NON PER PARATISSIMA! di Daniele Giordano

Fin tanto che la proprietà Cassa deposito e prestiti non concretizza la trattativa già in atto sulla destinazione dell’immobile, ha pensato di concedere a Paratissima dall’1 al 5 novembre 2017 di effettuare la spettacolare manifestazione nell’ex Caserma Lamarmora di via Asti in Torino. La ”sede ospitante” oltre a quelli più recenti, ha dei trascorsi storici legati al periodo bellico della seconda guerra mondiale, il ricordo è ancora vivo nella mente delle persone anziane, non hanno dimenticato quando qualcuno veniva preso e portato in quella caserma durante l’occupazione tedesca, da quelle mura si usciva solo in due modi: Per essere portato nei campi di sterminio o morto! Abbiamo voluto portare a vostra conoscenza queste poche righe per dirvi che Paratissima non è superstiziosa, neppure voi dovreste esserlo... considerata la sua tredicesima edizione. Conoscendo la tenacia di chi con dedizione e accuratezza porta avanti questa ”macchina culturale e commerciale” non credo che abbia pregiudizi su queste credenze. Noi, intanto restiamo fiduciosi, sarà come sempre un successo meritato, elargendo un augurio a chi continua a fornire una vetrina in più su Torino, mettendo in piedi un imponente lavoro come Paratissima!

Torino (Italia), sabato 29 luglio 2017


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lunedì 17 luglio 2017

UNA DINASTIA... RACCHIUSA IN UNA PICCOLA PASTIGLIA! di Daniele Giordano

  Può una dinastia essere racchiusa in una pastiglia? Pare proprio di sì.
Stiamo parlando di una regione, una provincia, una città, forse dell’Italia intera, sono parti della stessa figura geometrica. Non stiamo parlando di formule algebriche o cabalistiche, il nostro racconto, è racchiuso in un piccolo cilindro di zucchero, quello che farebbe piacere è cercare di (ri)scoprire e ripercorrere ciò che ha rappresentato e fatto grande una fabbrica nel corso dei secoli. La nostra storia parte dall’anno 1857, in una ridente cittadina in provincia di Cuneo, mancano ancora quattro anni per approvare il progetto di legge del Senato dove sarà proclamato ufficialmente la nascita del Regno d’Italia, quattro anni alla fatidica data per l’Unità d’Italia. In attesa che questo avvenga, un imprenditore di nome Luigi Leone, prova ad aprire una modesta confetteria con annesso laboratorio in Alba, dove ben presto trovano consenso le sue pastiglie tra borghesia e notabili, sino a diventare fornitore ufficiale della Real Casa Savoia. Gli anni passano, le persone si susseguono in cordata, legandosi alla famosa “pastiglia di zucchero” dai più attenti e gradevoli sapori, anche lo Statista Camillo Benso, si deliziava con le “senator” pastiglie gommose al gusto di violetta, forse compiaciuto perchè l’Unità d’Italia dopo tante trattative si era conclusa. Intanto quel piccolo laboratorio incomincia a “essere stretto” al signor Luigi Leone che insieme al nuovo socio Piero Querio, crea una società in nome collettivo, per ampliare e servire ancor meglio la sua già vasta clientela, trasferendo la ditta Querio e Leone nel nuovo negozio in Corso Vittorio Emanuele in Torino. Ed eccoci all’inizio secolo, il 1900, l’inventiva del fondatore continua, decidendo di depositare il marchio di fabbrica e la minuscola lettera “L” impressa su ciascuna delle pastiglie, i segni distintivi del suo marchio e dei suoi fregi della Real Casa Sabauda. Il passamano dell’attività continua sino al 1934 che passa dall’ingegner Carlo Eugenio Calasso per essere ceduta ai fratelli Celso e Giselda Balla per la somma di centocinquanta mila lire. I nuovi proprietari, decidono su volere della sorella Giselda di trasferire il laboratorio in un sito più ampio per aumentarne le potenzialità con l’intento di unire confetteria e l’adiacente negozio per la vendita del prodotto. Giselda Monero, sposata da poco con Innocenzo, si rivelò pronta a portare avanti l’azienda, qualità peculiare e fuori dall’ordinario in un'epoca dove le donne non avevano diritti, ma lei come pioniera dell’imprenditoria femminile, scorge nel laboratorio dolciario Leone le potenzialità di una grande azienda capace di attuare e aumentarne la produttività. Spostano la produzione e sede in Corso Regina Margherita 242, sempre a Torino, fabbrica dismessa della Fichet, produttrice di Casseforti. Con la sua caparbietà, unita all’intelligenza, fece di lei una donna capace, tanto da essere soprannominata “la leonessa” orientandosi verso la modernità senza trascurarne la tradizione, portando agli alti vertici il consolidato stabilimento. Fu lei a mettere in commercio quelle preziose scatoline di latta dal tono Vintage, decorate in Art Decò, tanto ricercate da collezionisti (entrando nel nuovo fabbricato, troverete esposte alcune tra le più espressive). Svariate versioni, come diversa la dimensione, comprendono questi graziosissimi contenitori anche in edizioni limitate, ad esempio quella dedicata al cartone animato di Lupin III, oppure le speciali, per ricordare il 150esimo anno dell'Unità d'Italia. Si dice: Tempus fugit e di acqua sotto i ponti pare ne sia passata da allora. Gli anni ottanta vede “la leonessa Giselda” lasciare il timone imprenditoriale al figlio Guido Monero, cresciuto all’ombra di una eccellente guida e madre. Tutti gli insegnamenti ricevuti vanno a frutto coinvolgendo anche la sede storica delle “Pastiglie Leone” che diventa ancora una volta stretta. Il insieme alla figlia Daniela che segue da qualche tempo le orme del padre nell’azienda (sembra di vedere la nonna, tanto è capace nel suo habitat), decidono di trasferirsi alle porte di Torino, in un edificio nuovo, più grande, su una superficie piana e funzionale, mantenendo gli stessi macchinari di un tempo, tenuti in perfetta funzionalità con alcune aggiunta di apparecchiature d’ultima generazione. Per dirla in breve: Lo stabilimento dentro le nuove mura… racchiude tutta la sua storia pur mantenendo caratteristiche innovative, immaginate quale sorpresa, può riservare una visita all’azienda. Sotto la guida sapiente di Daniela Monero (stesso temperamento di chi ha briglia per condurre) e gli interventi incisivi del padre Guido (con aneddoti e ricordi), figlio di Giselda che solo una persona dedita al suo lavoro sa raccontare con enfasi. Durante il percorso, permette di scoprire dettagli e segreti tutt’altro che insignificanti, non solo sugli ingredienti selezionati con cura e dedizione, anche quando la scelta comporta successive difficoltà nella lavorazione. Questi singolari “pezzi di storia”, raccontati tra i vecchi stampi per caramelle e attrezzature all’avanguardia che oggi producono ben quaranta gusti di pastigliette, assieme a tutto il vasto assortimento di gelatine, gommose, caramelle dure e fondenti. Iniziato in un lontano remoto le “zuccherose pastiglie, marchiate una a una con la lettera L”, selezionate materie prime genuine, il loro inconfondibile colore pastello a indicare i differenti gusti, L’utilizzo di essenze, estratti e aromi che risaltano la fragranza e profumo, ottenuto rigorosamente con prodotti naturali. Sapersi costantemente rinnovarsi nei gusti, potrebbe risultare la “chiave di Volta” del suo successo, l’ultimo è quello della cedrata Tassoni, non è il solo connubio tra marchi imponenti, nel tempo sono comparse altre importanti aziende. Tante le varietà tra cui scegliere come ad esempio le dissetanti al mirtillo, limone, arancia, mandarino, violetta o ancora fragola e poi le digestive alla menta, camomilla, genziana, rabarbaro o fernet e chissà ancora! Vogliamo parlare delle…gelatine, la liquirizia, le gommose, ora anche il cioccolato. Il nettare degli dei, toccasana dei rimedi per le persone “carenti di coccole”, sapete perché quello di Leone è buono? Semplice: viene “cullato per 60 ore” in conche piane, così facendo si elimina il tannino residuo. Per questo manufatto, sono utilizzati prodotti genuini come il latte e panna freschi, anziché del comune latte magro in polvere. Con tali scelte merceologiche, le difficoltà di produzione aumentano ma ripagano ampiamente, col risultato: il cioccolato al latte Leone ha un sapore inconfondibile di mou, lavorando la superficie in una texture cremosa, apprezzata dal consumatore. Dalla prima pastiglia di zucchero nulla o poco è cambiato da allora tranne le persone, la lavorazione, il prodotto è rimasto inalterato per la qualità delle materie prime, facendo di questa ditta dolciaria parte della storia del capoluogo piemontese, sviluppandosi sino a diventare una delle aziende di dolcezze torinesi più conosciute e apprezzate in Italia e nel mondo, col suo marchio inconfondibile, che ancora oggi, dopo più di 160 anni, continua ad ingolosire grandi e piccoli.
Un paio di curiosità si pensa che possano interessare ai lettori ascoltate durante la nostra visita. Nella sede di Torino, in Corso Regina Margherita, all’interno vive una vite, non è stato indicato se producesse uva o vino. Dalla medesima pianta, fu preso un germoglio per trapiantarla nel nuovo stabilimento di Collegno (TO), l’idea fu del Figlio di Giselda, il ragioniere Guido Monero, suggerendoci: Se ha portato bene alla vecchia sede, ne farà altrettanto e sarà di buon auspicio a quella nuova! Un altra, è quella che per tutelare il valore storico del complesso di Corso Regina Margherita, il Comune di Torino, ha approvato una variante al P. R. G.: la palazzina diventerà sede di rappresentanza della Leone, il capannone industriale verrà trasformato in due piani di loft, il resto della superficie convertito ad edilizia residenziale. Non ultima, se avrete la possibilità di visitare la nuova azienda oppure andando a fare rifornimento di pastiglie nel negozio “La Bocca del Leone” adiacente allo stabilimento, fatevi raccontare la simpatica storia delle tavole dipinte a mano da quel pittore esordiente che con dovizia ha riprodotto da differenti angolature tutta la struttura della vecchia sede…. compresa la vite. Terminando l’interessante tour dell’azienda nel suo secolo e mezzo di racconto, ci troviamo nell’atrio per il commiato del nuovo complesso, alla vista troverete cose che vi sorprenderanno come: Sculture di Leoni, simbolo indiscusso del fondatore… una carrozzeria di una cinquecento… dipinta dal pittore Antonio Carena, infine due enormi ritratti di re Vittorio Emanuele II e sua moglie Maria Adelaide d’Asburgo. Vedendo questi oggetti vi domanderete: Leoni a parte, ma che ci fanno queste cose in una Fabbrica di Pastiglie! Questa è un’altra storia…anzi per l’esattezza sono tre...


Torino (Italia), lunedì 17 aprile 2017


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lunedì 10 luglio 2017

TORINO NON HA PIU’SEGRETI PER IRENE recensione di Daniele Gio

Capita, di essere in un posto per un avvenimento e trovarsi “in mano” un libro che non ha nulla a che vedere con il luogo dell’invito se non quello di essere citato all’interno della pubblicazione come must (pag. 20-21). Così è stato l’incontro con l’autrice dell’opera, nel suo My Secret Turin (editrice L’Airone, collana le Guide), racchiude una serie di siti che raccomanda non solo ai torinesi, invitandoli a scoprire la parte trend di Torino, per intenderci, da viverla in modo fashion. Sappiamo benissimo che le persone abitualmente percepiscono distrattamente le bellezze che la propria città offre, per questo bisognerebbe assaporarla giornalmente, magari con un accompagnatore, come se fossimo turisti. Forse, è questa la molla che ha spinto Irene Perino, giovane e attenta giornalista è guida turistica a dettarne nero su bianco l’interno di questo libro/guida, immaginando una Torino donna (andrà bene anche per l’uomo che desidera stupire l’altra metà del cielo) di conseguenza, la frequentazione dei luoghi citati nel libro per catturarne il suo meraviglioso fascino di questa città ricca di eccellenze!
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Torino (Italia), martedì 4 luglio 2017



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lunedì 3 luglio 2017

UNA CARTOLINA DA BITONTO (BARI - ITALIA) di Daniele Giordano

Cari amici,
se desiderate assaporare una tra le tante bellezze d'Italia... incominciate da questa!
Bitonto, terra di Cultura (città candidata per il 2020), di Arte, Teatro tra colori e sapori di ottima cucina per buongustai.
In questa piccola pillola troverete una visione di ciò che è la città di Bitonto e i suoi dintorni.

https://wetransfer.com/downloads/0470ebee04d4526d94c36fa01337796120170622164609/6fbcd2ecb7e634f992aea5ffbd40ec6f20170622164610/63dd1b
 

Torino (Italia), lunedì 3 luglio 2017


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La riproduzione degli articoli e/o immagini presenti sulle pagine di questo blog sono protetti dalle leggi italiane e internazionali sul Diritto d'Autore (CC BY-NC-ND) e sono di proprietà esclusiva del medesimo che comunque consente a riprendere la pubblicazione alle condizioni di:  citando la fonte, pubblicando il nome dell’autore e il link lonevolfilm.blogspot.com  Altresì informa che questo blog non rappresenta un prodotto editoriale in base alla legge n° 62 del 07/03/2001 e suoi eventuali aggiornamenti, giacché è aggiornato senza alcuna periodicità. Le eventuali foto o filmati presenti sul Blog, sono concessi dai rispettivi autori o chi per loro, assumendosi la propria responsabilità, qualora queste possano violare i diritti o ledere l’autore, l’immagine e/o altro. Pertanto  saranno rimosse dal curatore della pagina in seguito a comunicazione scritta da parte degli interessati con una mail, sollevando in modo incondizionato e categorico, nonché escludendo qualsiasi azione legale da intraprendere contro l’autore del presente sia al blog stesso! Di conseguenza, l’opinione personale espressa su ogni notizia pubblicata, è basata in conformità dell’argomento, spettacolo o evento trattato, senza necessariamente sentirmi obbligato a scrivere o diffondere la mia opinione per quanto opinabile sia su cosa ho visto, letto o altro. Per questo motivo si precisa inoltre che questo blog, non può considerarsi un prodotto editoriale, bensì di pensiero eventualmente da condividere. 
A cura dell’Autore. Copyright 1990 – Fragment (consider revising). Daniele Giordano mail: lonevolfilm@gmail.com All Rights Reserved.



TORINO FASHION WEEK, SECONDA EDIZIONE di Daniele Giordano

Si è appena concluso il Salone dell’Auto Torino, con i suoi eccellenti brand di case automobilistiche da capogiro, i suoi prototipi (vedi le interviste pubblicate sul www.corrieredellospettacolo.net) che già si affaccia un altrettanto marchio... alquanto prestigioso: il Torino Fashion Week. Dal 27 giugno al 3 luglio 2017, quest’anno, saranno trentuno gli stilisti che sfileranno sulla passerella appositamente approntata tra cui una fascia appartenenti al ossia moda islamica, considerato che è la prima volta che prendono parte all’evento citato, giacchè la presenza straniera è resa possibile per la partnership Unionecamere Piemonte. Non solo, è da segnalare in questo contesto, il prestigioso Islam Fashion and Design Council, presente il presidente Alia Khan, leader dell’economia islamica e protagonista del mercato globale. Per questa seconda edizione, si sono aperte le porte del famoso Magazzino Devalle, lungo le arcate dei murazzi del Po. Un luogo conosciuto per la sua movida e rimpianto non solo dai torinesi, ora è un posto desolato, privato di quell’anima che aleggia ancora nell’aria. Come già citato in diretta sul social durnte l’apertura, fatta da Walter Dang, couturier di provata esperienza col suo Metamorphosis oltre aver dato cone sempre un senso di eleganza ”mutando le forme dei tessuti al corpo di donna” trovando in questa, l’accuratezza della collezione. Non solo, ha voluto che il suo ”delfino” Lorenzo Ferrarotto, sfilasse dopo di lui. Un quindicenne talentuoso, proveniente dalla scuola della stilista Adriana Delfino, per niente imbarazzato ha sbalordito con semplicità e determinazione, portando in passarella alcuni modelli ispirati al grande Karl Lagerfeld, di cui sa tutto di lui, offrendo una linea della collezione autunno/inverno 2018. Dopo loro, il piacere visivo si è moltiplicato, gli allievi dell’Istituto Europeo Design, ha presentato abiti di ciascuna sede d’Europa. Ogni gruppo, si è sbizzarrito nel porre sugli abiti muniti di tante cerniere, unite in modo da essere decorative, e non solo di chiusura. Questo è un progetto di tesi 2017 del corso triennale IED in fashion design realizzato in collaborazione con il leader mondiale YKK negli accessori di chiusura lampo, mentre come accessori, eseguiti per il Corso di Designe del Gioiello la collaborazione viene fornita dal laboratorio torinese Dante Di Lilla. Scambiando due parole col direttore Architetto Riccardo Balbo dello IED di Torino, non poteva che essere orgoglioso del risultato ottenuto sentendo gli applausi dei presenti, questa è una scelta consolidata già dall’anno precedente, voluta nuovamente da TMODA, poichè essa pone l’attenzione sui nuovi talenti emergenti... fashion designer di domani. Durante le serate sono passate sulla passerella collezioni come Bulbulia, Nurzahra, Iihama Ismail con una ricercata scelta di tessuti e ornamenti indossate dalle diciannove modelle, a seguire Daanja, Sacred, Nina Nugroho predilige i colori terra bruciata, è l’arancio il colore di Samar Murad, insieme al verde pistacchio, il viola, una combinazione di tinte pastello ben disposti, mentre Novita Sari, è il rosa che domina la donna, senza dimenticare il grigio perla. Per The Women, l’abbigliamento è sobrio, elegante nel suo essere sfilano cappotti, accessori e splendidi orecchini che fanno decisamente donna. Si prosegue ininterrottamente per non incrinare quell’atmosfera creatasi. Ecco apparire Hind Lafram, abbigliamento per ogni occasione, compreso l’abito da sposa, Debenhams - Sister from the West, propone foulard dai variegati disegni, ogni donna dovrebbe possedere almeno l’intera collezione... difficile separarsene. Poteva mancare in una sfilata di alta moda i guanti, no di certo, per questo ci ha pensato Holik, con la sua adeguata scelta musicale ha fornito una una piacevole passerella delle sue creazioni, ancora Ziyu Wen – V. Charm Gold, vediamo sfilare le sue creazioni, così pure Helen Latifi, il coordinato accessori, borse, vestito e scarpe viene presentato da Twilight.
Elle Ignis, un marchio che si distingue sia per creatività sia per l’elegante fattura del vestiario, sembra uscito dal film di Bertolucci (L’ultimo imperatore) il ricercato fermacapelli dell’indossatrice... il brand vuole che la donna sia impeccabile... I giorni si susseguono, le sfilate continuano tra orecchini e accessori, il fascino delle borse di Yvan Guerrera trovano complicità in una donna, May Smode con i suoi abiti, la boutique De Nana tinte accese ed occhiali. Bambah presenta una collezione dai toni tenui, sono deliziosi gli abiti, dicasi per Ethni Cant by Jeny Tjahawati , seguita da quelli piacevoli di Gul Shaan o di Bleu Forèt, una linea fuori dagli schemi, con grande impatto visivo. Per terminare questa lunga passerella dobbiamo concluderla con due splendidi stilisti. Dana Design non finisce mai di stupire, ogni singolo capo è un segno indelebile dell’amore per ciò che esprime nelle sue creazioni, entrata a far parte di quei couturier dell’alta moda che la contraddistingue. Fabio Porliod, crea collezioni particolare facendo risaltare la figura femminile, ponendola su un piedestallo... trovandole la giusta collocazione per ogni momento della giornata.


Torino (Italia), lunedì 3 luglio 2017


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venerdì 9 giugno 2017

NOTIZIE

Cari amici, troverete le notizie video con interviste ai registi che hanno partecipato al 20esima edizione di CINEMAMBIENTE sul corrieredellospettacolo.net Visitate e commentate, grazie.
Daniele Giordano

giovedì 8 giugno 2017

JUST BEAUTY, QUANDO LA BELLEZZA SPOSA LA FOTOGRAFIA di Daniele Giordano

Quando si tratta di mostra fotografica, uno pensa sia più facile… scatti, stampi: Et voilà le jour sont fait! Se poi il fotografo è Renato Valterza, beh, allora ditelo…non è proprio così. Con la Mostra Fotografica Personale dal titolo accattivante “Just Beauty” ha voluto ancor più complicarsi la vita, infatti, con la minuziosa cura di sempre, ha mescolato fotomodelle e truccatrici in un progetto fotografico concretizzato in uno spazio-temporale di cinque anni. Alcune delle opere esposte (MUA Stella Grossu/Paola Gola) le ha realizzate con una tecnica di trucco flou e fotocamera particolare con illuminazione UV, mentre quelle che si sono ad altri trattamenti, sono Martina Passarella/Chiara Finatti, Giulia Cuccu/Beatrice De Lucia. La rosa di bellezze continua con Rosanna Dell’olio/Letizia Iannelli, Beatrice Borlengo/Denise Santopietro, Rabat Bouchir/Sandra Sand Dee Oumogou, Rabat Bouchir/Paola Gola, Marii Fernanda/Parisi Bahrami, infine, non ultime Mita Calemma/Denise Santopietro, Stella Grossu/Dafne Apollonio.
Tutto nasce da un workshop, in occasione del Festival di Fotografia a Cambiano (Torino) con il ritrattista Efrem Raimondi. Chi non conoscere Valterza, diciamo che la sua passione è il ritratto, da professionista è attratto alla bellezza femminile di cui la mostra prende orgogliosamente il titolo. Per alimentare il senso della bellezza, ha inserito negli spazi di Arte & Benessere di Piera Elia, alcuni disegni di Lisena Aresu, allieva dello scultore Sergio Unia, entrambi presenti all’inaugurazione.
Un'esposizione di carattere che lascia lo spettatore acuto raccoglierne le sfumature di questa coloratissima e piacevole mostra eseguita con dedizione e lavoro.

Torino (Italia), sabato 3 giugno 2017

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sabato 27 maggio 2017

VOLGE AL TERMINE IL TORINO FRINGE FESTIVAL di Daniele Giordano

Quello che ci aspettiamo, entrando al Garage Vian (Via Castelnuovo, 10 Torino), l’abbiamo letto nelle poche righe di presentazione, pertanto ci è sembrato appetibile sceglierlo. Il monologo che Crab Teatro, su testo di Annibale Ruccello presenta con la regia di Pierpaolo Congiu, viene affidato a Valentina Tullio che da il volto e l’interpretazione a: ANNA CAPPELLI, con la sua espressività, la dolcezza dell’attrice. Le canzoni scelte come colonna sonora, porta lo spettatore a seguire il dramma con attenzione che si rivela alle volte mansueto per poi divenire rabbioso nei confronti altrui, ma sempre con moderazione. Una donna frustata per una serie di circostanze che affliggono la sua esistenza. Vive sola in una camera d’affitto con una proprietaria ficcanaso, per seguire il posto di lavoro è andata in un luogo lontano da casa, maledettamente single… in attesa del “principe delle fiabe” una vita scialba e come se non bastasse inveisce contro Giuliana, sua sorella minore per via del padre che vuole dare a lei la sua stanza. All’orizzonte s’affaccia il ribaltamento della situazione, l’uomo della sua vita: Tonino, una vera casa e finalmente l’amore tanto agognato! Senza togliervi il gusto di assaporare questo drammatico racconto, diciamo che la solitudine può avere effetti collaterali che vanno oltre la linea di confine… e solo un’interpretazione artistica ricevuta dall’attrice può risaltarne la drammaticità del testo!

Da Berlino approda al Torino Finge Festival La compagnia Barletti/Wass con AUTODIFFAMAZIONE/SELBSTBEZICHTIGUNG per la regia di entrambi. Un lavoro contemporaneo, da parte nostra non è stata eclatante l’interpretazione, forse il testo poteva dare un senso sull’assunzione di responsabilità su frasi o azioni. Tanto meno l’essersi presentati entrambi come si sono affacciati al mondo nascendo.

Così abbiamo pensato di rimanere sino all’ultimo spettacolo, quello proposta da Cecilia D’Amico, proveniente da Roma. Avete presente quelle pubblicità che si sentono per radio, dove per non sprecare tempo e quindi denaro, lo speaker nel più breve tempo possibile deve dire una miriade di parole facendo capire all’ascoltatore il prodotto pubblicizzato. Bene, questo è quanto udirete uscire dalla bocca dell’artista in UNDERWOOD. Una macchinetta di parole uscite dalla bocca della simpatica e brava attrice riporta in scena il consumato varietà riesce a saltare dall’argomento vegano al viaggio aereo…colpa inesorabile della sua ex psicologa. I personaggi da lei interpretati meritano di essere visti… non commentati!

Torino (Italia) sabato 20 maggio 2017


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UN NUOVO E PIACEVOLE SPAZIO PER IL TORINO FRINGE FESTIVAL di Daniele Giordano

La macchina del Torino Fringe Festiva procede a ritmo serrato, come pure i suoi spettacoli che vede consensi e partecipazione del pubblico. Noi abbiamo provato un luogo particolare che per la prima volta vede entrare tra le sue mura un festival come il Fringe. Il luogo che lo ospita, si trova in via San Domenico, 28 a Torino, si tratta del Museo della Sindone, curato dalla Confraternita del Ss. Sudario nato a Torino nel 1598 per opera di un gruppo di fedeli della parrocchia di S. Pietro. In questo piacevole e accogliente spazio trova LES JUMEAUX. Sono i gemelli Davide e Mauro Borra che all’età di diciassette anni, sono andati in giro per l’Europa imbracciando le loro fisarmoniche esibendosi per strada. L’idea è quella di raccontare tra musiche e parole fatti accaduti a questi giovanissimi e impavidi ragazzi partiti dalla “Provincia Granda” come la chiamano gli abitanti di Cuneo, ivi compresa la diserzione alla leva che poco non ci mancava. Lo spettacolo si presenta scorrevole e piacevole sia per il racconto imbastito e curato dal regista Daniele Ronco sia per le musiche parigine. Il tempo trascorre deliziando lo spettatore.

Sempre nel medesimo spazio, abbiamo assistito MANUALE di DISTRUZIONE di e con Mariantonia Capriglione, per la regia di Raffaele Romita. La recita inizia in un modo singolare ma cadenzando il ritmo a mano che l’artista procede nel suo soliloquio. Di certo non è da sottovalutare il testo, poiché le sfumature si susseguono e appaiono sempre più visibili accentuando l’attenzione su quanto l’autrice interpreta non solo con disinvoltura, ma per ottenere il risultato voluto, richiede una preparazione accurata da lasciare sgomento i presenti. Sarebbe il caso di pubblicizzare di più sia il Museo della Sindone, sia la bravura di chi arriva da lontano perché ne vale la pena applaudirla.

Torino (Italia) martedì 16 maggio 2017


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QUEST’ANNO IL TORINO FRINGE INIZIA COSI’ di Daniele Giordano

Millenovecentootto, un gruppo di operai decise di costituire una Società Operaia di Mutuo Soccorso (S.O.M.S.) assegnandogli il nome dell'illustre scrittore e giornalista italiano: Edmondo De Amicis, deceduto in quell’anno. Siamo partiti da lontano per entrare in un luogo confortevole a ridosso della collina torinese con il suo bistrot o cenare nel giardino. I gestori, persone squisite, la sua “cuisine” è in grado di soddisfare i più esigenti palati, merito dei gourmet in cucina. Siamo in procinto di entrare al Circolo De Amicis, in C.so Casale, 134 (TO), nostra prima tappa (e inizio) del Torino Fringe Festival, dove ci attende una serata piena d’imprevisti come sempre, dovuta alla scelta in base all’intuito e ciò che si legge sul catalogo di facile lettura e indicazione. I posti a sedere sono completi, un buon auspicio per la prima commedia proposta e da noi scelta. Stiamo parlando di CLICHÈ, una produzione di due combinate compagnie, quella di Dramelot e Proprietà Comunicativa, che intraprendono una nuova realtà scenica. Incominciamo a dire che dal fondo della sala il monologo sostenuto dall’attrice iniziale stenta a sentirsi, tranne quando cambia il timbro di voce (urla), allora diventa nitida, i tempi del "cambio di scena virtuale" sono leggermente lunghi, lasciano lo spettatore nel più assoluto “vuoto scenico” e questo non andrebbe fatto. Tutto ciò è detto come suggerimento alla regia, in modo di affrontare con successo questi ostacoli per il girone di ritorno. Detto questo, non toglie la bravura recitativa di Francesca Bracchino (in tuta gialla) oppure quella interpretativa di Elisa Galvagno (nella tuta di colore rosa) e neppure Valentina Virando che indossa quella blu. Questa fusione di compagnie gioca in casa, poiché entrambe di Torino, il testo, a simpatia tra i presenti, scritto e diretto da Alessandro Federico. Non abbiamo fatto cenno del sottotitolo che in qualche modo è accattivante, senza pensare a essere troppo audace, crea quell’atmosfera interpretativa adatta a immaginare il passaggio dall’adolescenza alla realtà… lasciando lo spettatore nel limbo che ci sarà da parte delle interpreti ancora da… scoprire! Non deluderà le attese dello spettatore.

Continua la serata sempre al Circolo De Amicis di C.so Casale, 134 (TO), stiamo assistendo a SWING & SODA, BANDINI, l’autore di questo monologo è John Fante del quale Giovanni Guidelli è l’interprete. Racconta la confessione di un amore mancato, consumato poi alla fine della commedia. Un intreccio tra musica jazz (il volume copriva le parole dell’attore, al punto di fare cenno di abbassarla) e droga, sembrava di entrare con la scenografia preparata, in un racconto dell’investigatore privato Philip Marlowe, creato da Raymond Chandler. Gli atteggiamenti recitativi sono troppo impostati al teatrale, invece di liberare la pesantezza dell’assolo drammatico, senza togliere la preparazione artistica dell’attore. Questo genere di soliloquio, alquanto pesante, sarebbe dovuto essere trascritto in modo più fluido, così facendo forse, avrebbe trovato più consensi tra gli spettatori!

Quando leggi: DON CHISCIOTTE AMORE MIO, il titolo ti porta fuori strada. Questa commedia scritta, interpretata da Angelo Tronca nei panni de “hidalgo” e dal suo fedele scudiero (in questo caso) Francesco Gargiulo, trova un pretesto narrativo, iniziando con un “pezzo rap” certamente Miguel de Cervantes Saavedra, avrà modo di vedere com’è stato stravolto il suo capolavoro letterario, dall’alto certamente perdonerà l’impudenza, nel sentire l’ilarità in sala delle persone che assistono alle sue elucubrazioni mentali. I due protagonisti di questa commedia dove s’incontrano in questo mondo fantastico, bizzarramente mescolati elementi di non sense e il picaresco, l’episodio divertente è: Ocavallo! Non sveliamo il senso come trovata umoristica, diciamo solo che gli interpreti di questa esilarante ed effervescente recita, scandita brillantemente dai tempi scenici, merita essere vista e applaudita. Il rap cantato iniziale e l’amore finale con Sancio panza, è sostenuto piacevolmente dalla bella Astrid Casale. Sembrava la “borsa di Eta Beta o quella di Mary Poppins” il bauletto di Gian Andrea Francescutti, da esso uscivano strumenti dalla forma diversa, adatti a rendere musicalmente questa commedia facendone arte… trastullando lo spettatore compiaciuto! Da non perderla di vista.

Torino (Italia), venerdì 12 maggio 2017

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