mercoledì 6 aprile 2016

LA XIV LUNA recensione di Daniele Giordano

Ad alcuni sembrerà strano l’ultimo lavoro di Gian Carlo Fantò, ma non è stato messo in scena per entrare nella maglia dell’occulto con la commedia de La XIV Luna, neppure per addentrarsi nei verbali del processo contro i Cavalieri Templari, che su questo episodio avrebbero di che dire, tanto meno spiegare al pubblico il ciclo della fase lunare e il suo plenilunio, oltre la concretezza che la tredicesima luna esista. E’ molto più semplice (si fa per dire) la risposta: solamente per la voglia di mettersi in gioco esplorando temi nuovi, provando a descriverne le sfumature portandole in scena. Sarà poi il pubblico a giudicarne la bravura sia nella stesura dei testi, sia nella scenografia allestita a compimento della pièce. Proprio su quest’ultima affermazione che a sipario aperto s’intuisce la forza, messa dall’autore per trasportare il pubblico in un’atmosfera angosciante che non lascia dubbi, bensì spazi all’immaginario del lato oscuro, non visibile, ma convive in ognuno di noi. Attraverso le fioche luci sul palco, lasciano intravvedere un’ombra indistinguibile avvolta da un drappo nero inquietante, causato dal subconscio mentale dello spettatore, solamente verso la fine sarà resa visibile in tutto il suo lugubre aspetto, perno della commedia. Questa la sinossi, Enrico Maria Saint-Pierre (Gian Carlo Fantò) regista affermato, durante un’audizione da lui indetta, sta cercando “il suo protagonista dell’ultima fatica teatrale”. Questa scelta, sarà per entrambi decisiva, atta spezzare passando il testimone a un successore da lui prescelto, purchè abbia i requisiti necessari. Cosa non semplice, giacchè ogni candidato, ignaro di quello che lo aspetta, “pretende” quel posto… destinato al solo “prescelto”.  E’ su questo che Saint-Pierre farà leva, infatti, continuerà a muovere i fili della vicenda per portare a termine il suo disegno demoniaco. Intorno a tutto questo si muoverà l’intreccio che lega i candidati alla trama, trasmettendo al pubblico il pathos voluto da Fantò, mettendo in luce, quasi a sdoppiarsi durante i suoi monologhi e parlando in seconda persona, nell’apparenza crudele e buona contemporaneamente, innocente e colpevole, un uomo dalle mille sfaccettature, addirittura, essendo sovente di spalle al pubblico è come fosse uno tra loro.  che di questa creazione artistica ha creato il dramma. Buona l’interpretazione degli attori della compagnia Teatro Tideau, iniziando da: Martina Bracali; Paolo Veglio; Tiziana De Longhi; Marilora Laddomata; Federico Portelli, non ultima Marzia Trasanna nelle loro rispettive parti, con la loro preparazione artistica, ha trasmesso al pubblico quell’inquietudine, voluta dall’autore. La stesura dei testi mantiene il brivido richiesto da un noir, La colonna sonora dello spettacolo è Malaguena, cantata da Francesco Fantò. Infine… pensavate che ci fossimo scordati…della statua del Bafometto, avvolta nel drappo realizzata da Andrea Massaro (da immagine di Lèvi). Come suggerisce anche l'illustrazione di Lèvi, è stato inoltre associato col tempo alla figura di Satana.  Una più recente e conosciuta descrizione raffigura il Bafometto o Baphomet (è un idolo pagano della cui venerazione furono accusati i Cavalieri Templari), nella forma di un capro umanoide alato con seno e una torcia sulla testa tra le corna. Sulle braccia appaiono le parole latine SOLVE (sciogli) e COAGULA (unisci). Questa immagine proviene dall'opera di Eliphas Lèvi.  

Torino (Italia), martedì 05 aprile 2016



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