Ad alcuni sembrerà strano l’ultimo lavoro di
Gian Carlo Fantò, ma non è stato messo in scena per entrare nella maglia
dell’occulto con la commedia de La XIV Luna, neppure per addentrarsi nei
verbali del processo contro i Cavalieri Templari, che su questo episodio
avrebbero di che dire, tanto meno spiegare al pubblico il ciclo della fase
lunare e il suo plenilunio, oltre la concretezza che la tredicesima luna
esista. E’ molto più semplice (si fa per dire) la risposta: solamente per la
voglia di mettersi in gioco esplorando temi nuovi, provando a descriverne le
sfumature portandole in scena. Sarà poi il pubblico a giudicarne la bravura sia
nella stesura dei testi, sia nella scenografia allestita a compimento della
pièce. Proprio su quest’ultima affermazione che a sipario aperto s’intuisce la
forza, messa dall’autore per trasportare il pubblico in un’atmosfera
angosciante che non lascia dubbi, bensì spazi all’immaginario del lato oscuro,
non visibile, ma convive in ognuno di noi. Attraverso le fioche luci sul palco,
lasciano intravvedere un’ombra indistinguibile avvolta da un drappo nero
inquietante, causato dal subconscio mentale dello spettatore, solamente verso
la fine sarà resa visibile in tutto il suo lugubre aspetto, perno della commedia. Questa la sinossi, Enrico
Maria Saint-Pierre (Gian Carlo Fantò) regista affermato, durante un’audizione
da lui indetta, sta cercando “il suo protagonista dell’ultima fatica teatrale”.
Questa scelta, sarà per entrambi decisiva, atta spezzare passando il testimone a un
successore da lui prescelto, purchè abbia i requisiti necessari. Cosa
non semplice, giacchè ogni candidato, ignaro di quello che lo aspetta, “pretende”
quel posto… destinato al solo “prescelto”. E’ su questo che Saint-Pierre farà leva,
infatti, continuerà a muovere i fili della vicenda per portare a termine il suo disegno
demoniaco. Intorno a tutto questo si muoverà l’intreccio che lega i candidati
alla trama, trasmettendo al pubblico il pathos voluto da Fantò, mettendo
in luce, quasi a sdoppiarsi durante i suoi monologhi e parlando in seconda
persona, nell’apparenza crudele e buona contemporaneamente, innocente e
colpevole, un uomo dalle mille sfaccettature, addirittura, essendo
sovente di spalle al pubblico è come fosse uno tra loro. che di questa creazione artistica ha creato il dramma. Buona
l’interpretazione degli attori della compagnia Teatro Tideau, iniziando da: Martina Bracali; Paolo Veglio; Tiziana De Longhi; Marilora Laddomata; Federico Portelli,
non ultima Marzia Trasanna nelle loro rispettive parti,
con la loro preparazione artistica, ha trasmesso al pubblico quell’inquietudine, voluta dall’autore. La stesura dei testi mantiene il brivido
richiesto da un noir, La colonna sonora dello spettacolo è Malaguena, cantata da Francesco Fantò. Infine… pensavate che ci fossimo
scordati…della statua del Bafometto, avvolta nel
drappo realizzata da Andrea Massaro (da immagine di Lèvi). Come
suggerisce anche l'illustrazione di Lèvi, è stato inoltre associato col tempo
alla figura di Satana. Una più
recente e conosciuta descrizione raffigura il Bafometto o Baphomet
(è un idolo pagano della cui venerazione furono accusati i Cavalieri Templari),
nella forma di un capro umanoide alato con seno e una torcia sulla testa tra le
corna. Sulle braccia appaiono le parole latine SOLVE (sciogli) e COAGULA (unisci). Questa immagine proviene dall'opera di Eliphas
Lèvi.
Torino
(Italia), martedì 05 aprile 2016
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