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lunedì 14 agosto 2017

UN MISTERO DA RISOLVERE di Daniele Giordano

I detectives non scompaiono fin tanto che c’è un mistero da risolvere… Ricordate Marlow, Mike Hammer, Holms e chissà quanti ancora con la loro flemma risolveva casi che sembravano insoluti. Alle volte capita leggere semplici trafiletti su giornali, in alcuni casi anche più di un semplice trafiletto. Sovente, la professione del reporter è legata alla parola "ficcanaso” è pur vero che se non ci fossero, tante notizie rimarrebbero sepolte da altre carte, senza risolvere alcun mistero. Chieri, una ridente cittadina posta sulla collina torinese, chi vi abita sono persone a modo, sempre in movimento per quanto riguarda gli eventi attirando gente anche da Torino con il suo spettacolare “Ritorno al Medioevo” con la produzione del vino Freisa, si contende i filari della Villa Regina in Torino, boutique alla moda, passeggiata centrale per shopping o guardare le novità in vetrina, a questo Comune non manca niente per renderla una città vivibile. Eppure… anche qui, un mistero aleggia dagli anni ’80. L’Arco di Chieri reclama la sua Fontana e il suo Putto! Trentasette anni di silenzio gaudioso per qualcuno, ma non per tutti, qualcuno, ha iniziato a sollevare una leggera polvere che non passa inosservata. Com’è possibile fare sparire una fontana e porre al suo posto un’edicola di giornali, senza che nessuno si prendesse cura di chiedere dove finirà? Dagli anni ottanta, il tempo passa, il mistero s’infittisce sempre di più, però inizia a trovare uno spiraglio di luce. All’epoca, fu stata spostata in altro loco nei giardinetti di Piazza Silvio Pellico, se non fosse perché durante il trasporto è arrivato solo il basamento, mancante di tutto il resto. Il più arguto investigatore avrebbe dedotto che dal primo tragitto alla nuova dimora, la colonna con sopra la vaschetta piccola col Putto non arrivò a destinazione, deduzione: entrambi spariti. Bene, cioè male, c’è qualcosa che non quadra! Dopo diverse traversie accadute al basamento dopo il trasloco… poofff come per incanto: Sparito anche quello! Ora, alcuni cittadini si sono chiesti (forse in ritardo, ma inizia a fare eco) dove sarà finita quella fontana che ornava lo spazio adiacente all’Arco? Gli indizi ci sono tutti, il carico trasportato avrebbe dei documenti di viaggio al seguito e poi ancora. Da questo punto di partenza, si dovrebbero muovere gli abili detectives citati all’inizio. Di certo, dal Comune sapranno rispondere ai concittadini, risolvendo il mistero della Fontana con Putto scomparsa dal 1980 e magari ricollocandola nuovamente, regalando nuovamente sonno ai giusti.

Torino (Italia), venerdì 11 agosto 2017



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A cura dell’Autore. Copyright 1990 – Fragment (consider revising). Daniele Giordano mail: lonevolfilm@gmail.com All Rights Reserved.


sabato 27 agosto 2016

UNA STORIA DEL SOL LEVANTE: LE SPADE DEI SAMURAI di Daniele Giordano

Il fascino dell’oriente con i suoi personaggi che hanno aiutato a fomentare le fantastiche leggende, tramandate sino ai giorni nostri. L’oriente, terra sconfinata e dalle tradizioni arcaiche, come antichi sono “gli spadari”, costruttori di nobile arte nel costruire le famose Katane, spade affilatissime pregne di fatica e storia. Per addentrarci, dovremo fare un balzo indietro nel tempo, quando in quelle terre vi erano i samurai giapponesi, autentici “nobili cavalieri” al servizio di un signore di quelle terre, ma questa è un’altra storia. Noi ci soffermeremo su com'è costruita una spada e come si usa, ma prima… un po’ di storia.
La spada nasce durante Muromachi (1392 – 1573) in quel periodo, si cambiò modo di portare la spada, infatti, il guerriero volgeva la lama rivolta verso il basso, la tendenza era di posizionare la lama verso l’alto, in maniera che il fendente tagliasse in due parti il nemico con un solo colpo, solamente con il gesto di sfoderarla. Alla Katana abitualmente era abbinata la Wakizashi, una più corta rispetto alla prima, di lunghezza circa 50 cm, si usava allo scopo di finire nemici disarmati o per compiere Harakiri, insieme formavano Daisho (letteralmente “grande e piccolo” come la Katana e il Wakizashi).Nel tempo (Azuchi – Momoyama dal 1573 – 1614), la spada giapponese è soggetta a mutevoli cambiamenti di lavorazione, fornendo una lunghezza superiore ai 60 cm. fu riservata ai nobili Samurai, sino al periodo Meiji (1868 – 1912) in cui la casta fu dichiarata estinta e vietando di portare in pubblico il Daisho. E’ affascinante sapere quante leggende sui Samurai, Draghi e vergini donzelle da salvare si raccontano come in quest'antico testo. Narra che il dio del mare e delle tempeste un drago, assetato di sangue (vergine) di giovane, pretendesse la sua preda in cambio di non devastare quella provincia. La vittima, appartenente all’ottava delle sue sorelle ormai decedute per via del drago, (interessante sapere che per l’epoca il numero otto fosse sempre presente), escogitò uno stratagemma per ubriacare le otto teste del drago, fornendo otto barili di sake. prima del sacrificio, il drago non seppe fermare la tentazione e si ubriacò… addormentandosi. Così fu più facile sconfiggere il drago tagliando, le otto teste per poi passare al taglio delle code, recidendole sino all’ultima delle otto che nel tentativo di tagliarla, trovò difficoltà e resistenza (il numero nel tempo da otto si modificò in quattro), al punto che dovette squarciarla in senso verticale per comprendere il perché della sua opposizione. Con stupore della vincitrice, dalla coda del drago uscì una sorprendente spada…mai vista una di così sfolgorante e straordinaria bellezza, tant’è che decise di donarla alla dea del Sole, sperando che potesse riconciliarsi a causa di un antico litigio.  Bella, questa leggenda! Se guardiamo da vicino con occhio attento, avremo modo di scoprire come l’arte giapponese, presenta nella sua essenzialità la sua filosofia Zen, sfoderando una katana. Il guerriero pratica i suoi fendenti rapidi e successivi, simulando gesti simili a una danza, dove trova spazio l’arte dell’essere, è attraverso a essa che la pratica Zen   spada a lama curva e a taglio singolo di lunghezza superiore a 2 shaku (60 centimetri circa), riservate ai soli Samurai, come segno sociale distintivo. La spada del Sol Levante, afferrata a due mani, serviva per stoccare con fendenti precisi gli avversari, sebbene Musashi Miyamoto con < Il libro dei cinque anelli > raccomandasse l'impugnatura singola, fu portata di solito dai membri della classe guerriera, insieme alla "wakizashi", una seconda spada più corta (fra 1 e 2 shaku).  si dice che nella spada vi sia l’anima del forgiatore, in realtà esiste ma di acciaio più morbido in  modo da attenuare l’urto di ritorno.
La combinazione delle due spade era chiamata daisho, rappresentava il potere o classe sociale e l'onore dei Samurai. La lama della Katana non aveva bisogno di necessità di forza nel fendere e colpire, essa era capace di recidere di netto un intero fascio di canne di bambù, tenute insieme da una corda spessa di diametro in un solo colpo. Le Katane di Masamune Okazaki, il cui significato è: essenza divina della giustizia eterna, è stato un forgiatore di spade giapponesi, legando il suo nome alle spade dei Samurai, in suo onore è istituito il Premio Masamune, offerto durante la competizione tra Forgiatori di Spade del Giappone.


Torino (Italia), venerdì 26 agosto 2016


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giovedì 18 agosto 2016

UN NOME, UN BRAND MADE ITALY di Daniele Giordano

Che Torino fosse sorgente e laboratorio d’idee l’abbiamo sempre sostenuto in diverse occasioni, tant’è che ogni tanto qualcuno pensa bene di “appropriarsi”, portandosi via qualche ricordino come souvenir. Se poi ci addentriamo nel Made of Italy o del Made of Hand beh, su questo non vi è alcun dubbio o paragone di manufatto, siamo veramente bravi! Questo per introdurre un brand, presente in almeno dodici paesi del mondo e, guarda caso la nuova sede da poco inaugurata è qui a Torino. Mialuis, il marchio in questione tutto torinese, è di Mariaelena e Roberto Mallone (quest’ultimo segue l’aspetto commerciale, a differenza della creatività della sorella), insieme hanno saputo trasformare l’idea di Mariaelena, concretando un sogno divenuto mestiere. Con dovuta passione e impegno la marca, è apprezzata non solo in Giappone, anche nel Nord Europa e, consolida le sue radici in città con l’accogliente sala espositiva, rendendoci ancor più orgogliosi. Il laboratorio/studio, realizza borse esclusive, utilizzando pregiati pellami morbidi, di cui ogni pezzo che entra nel mercato, è tinto con maestria sino a ottenere un prodotto unico sia nei colori sia nei disegni, tanto da non passare inosservato. Forse, un particolare interessante è sapere come tocco finale di questo brand, è quello di “battezzare le sue creazioni” con nome proprio di donna o uomo, non preso a caso sul calendario, bensì della persona incontrata che abbia in qualche modo suscitato un particolare interesse nella vita del design Mariaelena, questa chicca, potrebbe essere paragonata come la “ciliegina sulla torta”.   

Torino (Italia), giovedì 18 agosto 2016

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sabato 6 agosto 2016

DAL FESTIVAL DI LOCARNO di Daniele Giordano

Il Festival del Cinema di Locarno (sino al 13 agosto), sotto la direzione artistica di Carlo Chatrian, quest’anno dedica il concorso a due registi recentemente scomparsi: Abbas Kiarostani e Micheal Cimino (visto l’ultima volta al Festival Cinemambiente di Torino). Come per altre occasioni spettacolari di richiamo di pubblico, non sono passati inosservati gli agenti in città (per eventuali attentati), pronti a intervenire in qualunque circostanza senza trovarli impreparati, pattugliando con molta discrezione. Diciassette sono i film in concorso, tutti in prima visione assoluta, provenienti da Giappone, Portogallo, Bulgaria, Tailandia Corea e Malesia, tra questi un film italo-austriaco di Tizza Covi e  Rainer Frimmel dal titolo Mister Universo. Per il concorso Cineasti sono quindici in lizza e fuori concorso la proiezione di Valeria Bruni Tedeschi con “Une jeune fille de 90 ans”. Il premio Leopard Club Award 2016 per i suoi cinquant’anni di carriera sarà assegnato all’attrice Stefania Sandrelli con i suoi splendidi settant’anni con la proiezione del film “Il Conformista” regia di Bernardo Bertolucci, mentre altri premi come l’Excellence Award Moet & Chandon a Bill Pullman e Gemma Arterton, il Pardo (alla carriera) a Jane Birkin.


Torino (Italia) sabato 6 agosto 2016

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mercoledì 27 luglio 2016

COME NASCE UN PROFUMO di Daniele Giordano

Per Sileno Cheloni è stata come un “fulmine a ciel sereno” la sua grande passione (e fortuna) per la profumeria coniugata alla costante ricerca, dove a Londra per lavoro inizia come interior designer. Il suo cammino lavorativo, l’ha portato a conoscere maestri profumieri con tradizioni spirituali connessi a questo mondo, probabilmente, fu il primo segno di una passione che covava da anni, iniziandolo all’arte creativa e olfattiva sui profumi. Vi siete mai trovati in un negozio/laboratorio tra effluvi ed essenze? Pensate come si sentiva Cheloni, inebriato da queste fragranze, in particolar modo quando incontrò un maestro Sufi. Un profumiere che si occupava di profumi naturali. Iniziò così un importante rapporto, fatto di racconti, consigli, scambi di vedute, ma prima…per essere ammesso nella cerchia degli eletti, avrebbe dovuto acconsentire a sostituire il suo nome di battesimo in uno nuovo. Il cambiamento, avrebbe indicato la via per raggiungere l’obiettivo. Così fu chiamato: Alauddin. Tutte queste situazioni temporali, hanno riempito l’enorme “bagaglio di consapevolezza” colmo sempre più di concreto e stimolante il suo carico, riportandolo in Italia. Con il suo trascorso, trovò facile un lavoro presso una famiglia milanese, dedita sin dall’Ottocento alla lavorazione dei profumi. Da loro acquisisce la specializzazione tecnica e l’abilità professionale, ultimo tassello che mancava per completare la sua ascesa e con essa, la sua prima profumeria in Firenze. Nel corso degli anni, nonostante la richiesta delle sue fragranze da parte dei retailer fece una scelta restando elitario, in modo da controllare tutta la filiera… e cercando di restare “piccoli” ... ma è difficile con un grande marchio distribuito in tutto il mondo! Veniamo al perché di questo scritto e presentazione. Sileno Cheloni, in occasione della mostra su Marilyn Monroe a Palazzo Madama di Torino (articolo di Daniele Giordano sul blog http://lonevolfilm.blogspot.com) ha composto e personalizzato un profumo in esclusiva dedicato all’icona: Marilyn Monroe. Una mostra dedicata alla diva in una veste che pochi conoscono, infatti, il visitatore troverà  la donna, oltre il mito. La ricerca del Cheloni per questo esclusivo profumo M M, si è basato sulla sua biografia, sul modo di essere in vita, mescolando fragranze floreali in aggiunta, un leggero esotico di paesi lontani per rendere il colore del profumo gradevole a Marilyn (prodotto disponibile solo a Torino e Firenze). Una ricerca laboriosa e lunga per un soggetto passato a miglior vita, creando quest’essenza unica dalle iniziali della star cinematografica, ispirata al mito che è stato, ma per Sileno Cheloni, non è il primo caso di realizzazioni che sfiorano l’inverosimile in fatto di profumazioni. Recentemente, ha sperimentato con successo, una nuova fragranza ispirata al sommo Dante e la sua Divina Commedia “battezzandolo Extasis” unendo in questo flacone l’essenza spirituale, oltre all’origine, al passato, al profumo come mezzo di connessione tra l’esistenza divina, e l’estetica, adattandosi alla pelle della persona diffondendosi nell’aria e sul corpo. Recentemente sempre a Palazzo Madama in Torino, ha tenuto un workshop esclusivo di charity coinvolgendo il pubblico alla scoperta su come nasce un profumo. Tutto questo al solo scopo collaborativo tra Sileno Cheloni e il Palazzo Madama per consentire un lancio di campagna fondi, progetto destinato ad ampliare i servizi di accoglienza per un Family Museum, in altre parole, un museo a misura di famiglia.

Torino (Italia), mercoledì 27 luglio 2016



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