martedì 18 novembre 2014

MADAMA BOVARY recensione di Daniele Giordano

Uno scrittore, un suo primo romanzo con la sua immensa gioia di averlo appena pubblicato, è quello che ogni autore si attende, non per lui. Appena pubblicato, fu messo sotto inchiesta per oltraggio alla morale pubblica, non dobbiamo dimenticarci che siamo nel 1856. Sarà un caso o così volle il destino che dopo un anno fu assolto e, sotto forma di libro, divenne un bestseller con tanto d'illustrazioni del pittore Charles Lèandre. Stiamo parlando di Gustave Flaubert, il narratore di questo racconto, ispirato a un episodio realmente accaduto a una giovane donna di provincia, Delphine Delamare, del cui suicidio si parlò in un giornale locale nel 1848. Non è di questo che intendiamo parlare, né tantomeno approfondire il comportamento della protagonista Emma. La penna di Flaubert, perennemente alla ricerca de le mot juste, oggi a distanza del tempo trascorso è considerato uno dei primi esempi dei romanzi tangibili. Ci siamo introdotti in un antefatto per esprimere il concetto che da una forza evocativa dei classici della letteratura, può scaturire un’esplosione di spettacolo. L’autrice, con libertà e senza impedimenti al romanzo separata non solo dalla lettera “A” finale, porta in scena la “sua Madama Bovary”, presentandosi in un vestito dall’aspetto nuziale e quello dell’epoca. Una brillante commedia dispersa in un'indefinita pianura, recitata con frammenti dialettali per eccellenza nella lingua corrente del territorio dove incontriamo Emma una provinciale, sposa di Charles Bovary, ufficiale sanitario di una non definita altrettanta provincia. La donna, crede d’intraprendere con lui una vita soddisfacente alle sue necessità, saziando i suoi desideri più reconditi. Inquieta e impaziente nel mettere in pratica componimenti narrativi e lussureggianti fantasie derivanti dalle “novelle popolari”, contornati da tradimenti per sfuggire alla routine del matrimonio, scoprendo tutta l’inespressività che ne deriva dalla semplicità del suo compagno che pur amandola sinceramente, egli non è in grado di colmare i vuoti che si trasformano in voragini per la nostra protagonista. C’è una leggera confusione: la pianura che avvolge la campagna di Flaubert è quella francese… non padana! Indiscutibilmente ci troviamo di fronte a qualcosa d’insolito, la drammaturgia che stiamo per raccontare è quella che la brillante autrice e interprete Lorena Senestro, reinventa una Bovary quotidiana, rievocando versi di Guido Gozzano, portando in scena un monologo intercalato tra il dialetto piemontese e l’italiano con estrema disinvoltura, già sperimentato in altre occasioni con altri nomi del passato. Sebbene questo insolito soliloquio, abbia questa variante, non si deve pensare che sia in qualche modo evirato del suo aspetto teatrale, detto questo, autorevoli critici sono arrivati alla stessa conclusione nel vedere lo spettacolo, definendo la Senestro attrice ironica, il testo colto e spiritoso, tra momenti di disperazione alternando risate e sorrisi dove il pubblico non si annoia, anzi continua a seguirla sin dalla prima entrata in scena. Da parte nostra c’è voluto un anno per avere l’opportunità di assistere a questa splendida esibizione avvenuta al Teatro Concordia di Venaria (TO), è valsa la pena di tanta attesa. Questo spettacolo è stato Finalista al Premio Scenario 2011, grande debutto al Teatro Stabile di Torino nel 2012, menzione speciale Argot Off 2013, più di cinquanta repliche in diverse piazze italiane ed estere.  Salendo sul palco, Lorena più che attrice è un abile istrione, qualunque sia la sua parte… senza porsi limiti… riesce a coinvolgere gli spettatori recitando… dove c’è sempre un desiderio che trascina, e una convenienza che trattiene, sarebbe stata l’affermazione di Emma Bovary…

Torino (Italia), lunedì 17 novembre 2014


Ecco l'autrice e interprete Lorena Senestro nella veste di Emma Bovary.

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