Per sapere cosa offriva la serata sugli
spettacoli del Torino Fringe Festival… ci siamo “parcheggiati” al Garage Vian
ed eccone i risultati.
NIÑA
Gatto Vaccino Teatro, compagnia torinese
presenta Nina di Roberta Maraini ed Enrico Seimandi. La stesura scenica, ideata
per il progetto D. N. A. (Drammaturgie Non Allineate) su l’infanzia e
adolescenza, finalista a Premio Scenario 2012, narra il percorso evolutivo
degli adolescenti… costantemente in fase di crescita, non solo costituzionale,
con le esplosioni ormonali, restano ancora ancorati nel loro mondo onirico, con
le loro fantasie infantili, spesso dimenticate dagli adulti, durante il loro
passaggio adolescenziale. Ricordare per l’adulto, è come tornare indietro nel
tempo remoto… ad alcuni forse non piace. L’attrice è disinvolta e padrona dello
spazio che la circonda, anche quando interagisce col pubblico, accostandosi a
esso dolcemente, usando un semplice cenno di penna, per invitare lo spettatore
a scrivere una frase “sul magnifico abito” sarebbe meglio dire… la sua <
possente armatura da Samurai > composta di fogli di carta bianca… fragile,
come sono gli adolescenti nella loro purezza. La Maraini nella sua splendida
esecuzione teatrale percorre queste metafore con movimenti armoniosi unendoli a
effetti sonori e luminescenti scelti con perizia da Seimandi, accentuando ancor
più l’evolversi del dramma, cioè lo staccarsi da quelle immaginazioni
fantasiose giovanili… che zavorrano e contrastano ancora la separazione, sino a
gustare l’invasione di brivido che invade, si diffonde su tutto il corpo…
assaporando il primo bacio ricevuto! Lo spettacolo sebbene fosse prodotto per
bambini in età dello sviluppo, si coniuga benissimo anche per gli adulti… forse
come messaggio sublimale a difesa delle fasi adolescenziali che l’individuo
attraversa. La serata continua…
CLOWNLOVESHOW
Immaginatevi un palco vuoto tranne che per due
sedie ai lati, al centro del soffitto… penzola un cappio… Incominciamo bene
anzi, male. Come se questo non bastasse, alle spalle degli spettatori, tanto
per capirci dal fondo della sala, si sente un lamento, forse più simile a un
piagnucolio, un miscuglio tra gemito e pianto. E’ quello di Antonio Willy
Villetta (Crab – Torino), fa il suo ingresso in scena piangendo! Il pubblico
intuisce (diciamo vede) il perché di questo singhiozzare: ha il cuore spezzato
(in modo ben visibile). Lentamente, prende possesso del palco con il suo
continuo piagnisteo chiede aiuto a un’anima gentile che lo aiuti a salire sulla
sedia. Dal gesto è intuibile il seguito della scena. Nell’infilare il cappio
saluta i suoi amatissimi, ultimo singhiozzo, balzo dalla sedia e… tutto
finito! Così inizia Clowloveshow. Uno
spettacolo amorevolmente clownesco, simpaticamente cerca unire (presi tra il
pubblico) due sconosciuti, invitandoli sul palco a interagire tra loro,
iniziando con un gesto premuroso… diventando complice di suggerimenti fornendo
loro qualche consiglio per fare crescere ciò che l’artista Villella… ha perso:
l’Amore! Per amor loro… funge da “cupido” senza frecce… ma con regali. Uno
spettacolo che tocca veramente il cuore dei presenti. L’amore per il clownesco,
unisce grandi e piccini, ma il clou dello spettacolo, avviene quando l’artista
entra in scena con una torta… ho addirittura col secchiello pieno d’acqua… E’
il caso di dire: il cielo aiuti, i presenti. A Willy tutto questo riesce in
modo naturale e, cosa non riesce a combinare tra le risate e sgomento che
impregna il pubblico. Durante lo spettacolo c’è da aspettarsi veramente di
tutto… anzi di più, ma l’esperienza gioca un ruolo assai importante e Villetta
conosce bene il risultato! Le sue mimiche facciali, la gestualità, i suoi
gemiti gutturali impreziosiscono la rappresentazione, in alcuni casi anche
senza gag, la sua espressività è la carica di questo piacevolissimo
intrattenimento vede l’artista dal suo passaggio circense al sentimento
amoroso, senza parlare di come riesce a interagire con grandi e piccini durante
la “battaglia” senza svelare quale, sino compimento finale... toccante,
apprezzato da tutti. Questo spettacolo non è da commentare, bensì da vedere! Penavate
fosse finita la serata?
ANGELO
DELLA GRAVITA’ (un’eresia)
S’intitola Angelo della gravità (un’eresia),
autore Massimo Sgorbiani, tratta marginalmente l’opulenza sugli obesi senza
entrare nel merito, poiché forse è solo un pretesto per mettere in luce un caso
apparso su un giornale americano. Qui entra in gioco Michele Schiano di Cola
proveniente da Napoli per deliziarci con una commedia da forti tinte. Come
accennavamo la notizia riguardava un detenuto “ospite” nel braccio della morte
con l’accusa di omicidio. Malgrado questo, Lo Stato che lo accusava, non poteva
eseguire la sentenza emessa a causa della sua smisurata obesità, giacché
l’enorme peso avrebbe spezzato non la vita del detenuto… bensì il cappio! Se
pur le due opposizioni fossero contrastanti, la giustizia doveva in qualche
modo procedere il suo corso… quindi con “l’aiuto del detenuto” lo misero a
dieta! Il racconto è un paradosso e, va da sé, mentre il lavoro svolto da
Michele sul palco va ben oltre la nostra immaginazione, egli scandisce i
momenti precedenti alla sua cattura, iniziando dall’adolescenza sino al dopo la
sua reclusione. Comparando le vicende che hanno portato a questo, sono alla
base un delitto e sue relative conseguenze. Il detenuto, in attesa di espiare
la propria colpa digiunava, faceva jogging per bruciare le kilocalorie.
Intelligentemente, sapendo che il suo ultimo pasto non potesse essere negato, sarà
lo scopo immaginare quale potrà essere la sua richiesta… un’enorme torta con
abbondante crema! L’obeso
approda alla visione celeste degli “angeli della gravità” che grazie alle loro
ali vincono il peso della materia e si elevano verso l'Onnipotente. Nella
certezza di entrare a far parte della schiera di questi angeli, il condannato
affronta con serenità la sua morte imminente e si consegna a una paradossale ma
autentica santità. A parte questo, dovremmo soffermarci sulla carica emotiva che
l’attore Michele Schiano trasporta nel suo monologo, coinvolgendo lo spettatore
a restare incollato alla sedia senza annoiarsi, attenti a seguire l’evolversi
dei passaggi e del suo impreziosito dialogo sino alla fine. In
quest’andirivieni altalena della vita, recitata in maniera esaustiva da Michele
Sciano di Cola, fa notare l’infanzia del personaggio alquanto spoglia,
miseramente logora, facendo notare senza falsi pudori la recitazione
dell’interprete, eseguita in modo soddisfacente, raccontando i transiti non
dell’obesa figura ma dell’infantile intrappolato in un corpo cresciuto a
dismisura… meritevole interpretazione! Siamo giunti alla fine della serata.
SHYLOCK
Edimburgo nel suo
festival, ha acclamato Shylock, lo spettacolo portato in scena e proposto da
Mauro Parrinello per scelta di Francesca Montanino (provenienti da Genova/Roma)
e amante della commedia Il Mercante di Venezia. Prende spunto dal personaggio uscito
dalla penna di William Shakespeare, con un’insolita ipotetica verità e visione
esilarante di tale opera teatrale. Il pubblico abituato a rappresentazioni di
genere, non troverà una scenografia adeguata all’opera… giacché, vedranno
semplicemente un muro… di scatole che l’artista aprendole di tanto in tanto,
tra mimica e gag, inserisce il suo contenuto nel racconto. Simpaticamente
inizia con il dileggiare supponendo che l’opera teatrale è un doppione di
un’altra ben più nota commedia, quella di una
novella trecentesca di sir Giovanni Fiorentino, detto Il Giannetto, prima novella della
giornata quarta della raccolta di cinquanta conosciuta come che Shakespeare ebbe modo di conoscere nella traduzione di William Painter. Chi non conosce l’opera teatrale del drammaturgo, difficilmente riuscirà a
catturare le sfumature che compongono il lavoro di Gareth Armstrong autore
della commedia, ma anche senza essere informato apprezzerà l’artista Parrinello
nella sua effervescente esecuzione. E’ stato interpretato in modi che riflette come gli ebrei erano
comunemente visti ai tempi di Shakespeare. Nel racconto, sono
conservati, i personaggi Bassanio, Shylock e Porzia, oltre che la vicenda della
penale di una libbra di carne. Potremmo paragonarla una dark comedy. Del resto, Shylock ha sempre diviso
l’opinione pubblica: è un cattivo oppure la vittima del dramma, se non
addirittura un personaggio ancor più intrigante? Parrebbe dire… questo è il
vero problema… In breve, la trama portata in
scena racconta di un giovane gentiluomo veneziano, che vorrebbe la mano di
Porzia, ricca ereditiera di Belmonte. Per corteggiare degnamente Porzia, fa
richiesta al suo carissimo amico Antonio di 3.000 ducati in prestito. Antonio,
pur amando Bassanio, non può prestargli il denaro, poiché ha interamente
investito nei traffici marittimi. Tuttavia garantirà per lui presso Shylock,
ricco usuraio ebreo, disprezzato dai cristiani e a sua volta li disprezza.
Soprattutto non sopporta Antonio, il mercante di Venezia, che presta denaro
gratuitamente, facendo abbassare il tasso d'interesse nella città, e che lo umilia pubblicamente con pesanti
insulti. Shylock accorda il prestito a una
condizione in caso di mancato pagamento, vuole una libbra della
carne di Antonio. La sfortuna si accanisce su Shylock: sua figlia Jessica fugge
da casa sposando un cristiano di nome Lorenzo, fuggendo ha portato con se 2.000 ducati e soprattutto lo scrigno
contenente l’anello donato a Shylock dalla defunta moglie. L'unica consolazione
di Shylock deriva dalla sfortuna di Antonio, non potrà saldare il debito. Mauro
Parrinello dimostra
la sua brillantezza d'interpretazione, con una tra le più belle creazioni di
Shakespeare portando anche in piccoli spazi la magia del teatro!
Torino
(Italia), sabato 16 maggio 2015