Talvolta il disegno del destino è
strano, la fantasia galoppa e tutto ti appare meraviglioso! L’incantevole
riposo aiuta, il cervello s’innesca e ti fa riflettere su questioni della tua
esistenza sino a confonderti. Quel giorno apri gli occhi e, svegli dal tuo
limbo intravedi una luce che illumina il tuo sentiero. E’ quello che fuoriesce
dal racconto “FUGA DALL’ITALIA destinazione Càbù Vèrdi” di Carmen Vurchio
(Daniela Piazza Editore), presentato al Salone del Libro di Torino, dove non
sono mancati commenti positivi indirizzati all’autrice sul lavoro descritto.
Leggendo, le pagine scorrono veloci, il racconto non stanca, anzi ti prende al
punto di voler arrivare in un fiato alla parola "fine"… che non c’è…
S’improvvisa una vacanza “per staccare la spina” senza dover pensare allo
stress abitudinario del lavoro, ti trovi con destinazione in una delle dieci
isole che formano un arcipelago di origine vulcanica in pieno Atlantico
settentrionale se pur un patrimonio naturale, è a dir poco pazzesco! Sappiamo benissimo
come vanno certe cose, è proprio con la mente sgombra, cullati dagli Alisei
provenienti dall’Africa occidentale che s’insidia e prende il sopravvento un
tarlo che spinge a guardarsi intorno, ponendo confronti, trovando una realtà
desolante sull’economia del tuo Bel Paese. Economia sorretta da valori
merceologici di una crisi stagnante che non si riesce arginare. I suoi alti e
bassi, soprattutto quelli bassi del sistema economico e con esso la (non) produttività
del suo paese, intacca come una necrosi, il personaggio principale
impadronendosi della mente, portandola a essere una pendolare tra l’isola di
Sal e la sua terra d’origine, giacché essa non è ancora pronta per il salto. In
cinematografia, il libro in questione sarebbe definito come “docufilm o
fiction” cioè un documentario o finzione, contornato piacevolmente con
simpatiche sfumature di fantasia letterarie, se fosse un film, invece ne documenta
i passaggi, le sofferenze, il distacco degli affetti dei propri cari per
inoltrarsi senza ritorno in una terra dove non esiste agiatezza conosciuta, <
il potere di questa terra di nessuno, dove tutti si sentono protagonisti >
un contrasto che ammaglia e spaventa l’interprete del racconto. I ricordi della
protagonista corrono fluenti, come le pagine del libro, la narrazione è
scorrevole senza stancare, anzi ti prende al punto di voler arrivare in un
fiato all’ultima pagina per leggere la parola "fine"… senza trovarla.
L’esigenza insopprimibile di esporre quel passato che non è presente ma
comunicazione, forse sfogo per quelli che credono ancora nelle fole, non certo
per lei… trovando il suo “luogo di delizie” dove < Il riso è migliore sulla
bocca di tutti > contornato da amici che non elargiscono < consigli
preziosi, altrimenti sarebbe in vendita > insieme al fedele Giasone e da chi
in cuor suo ha sempre cercato: il suo Max.
Torino (Italia), venerdì 27 maggio 2016
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