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martedì 21 aprile 2015

LA FORTUNA NON E’ SEMPRE SCRITTA CON LA “EFFE” MAIUSCOLA! Recensione di Daniele Giordano

Armando Curcio, collaboratore da sempre di Eduardo De Filippo, mette in scena una nuova commedia in tre atti scritta nel 1942 che rimarrà nei teatri per un ventennio, per poi essere sostituita. Stiamo parlando de < La Fortuna con l' Effe Maiuscola > oggi portata sui palchi da molte compagnie, tra cui la compagnia teatrale I Masaniello, unica data presentata quest’anno nel magnifico Teatro Cardinal Massaia in Torino, diretto dalla nuova gestione e condiviso dall’afflusso dei suoi frequentatori sia per scelta delle rappresentazioni che la gentilezza del personale. Alfonso Rinaldi, regista e attore della citata compagnia, adatta la pièce vestendola su una scenografia piacevolmente bella ma alquanto esuberante, forse troppo per descriverne l’ambiente, ma le scelte scenografiche non si dovrebbero discutere, quello che invece appare evidente è lo spessore di alcuni attori sugli altri, venendo a crearsi uno squilibrio durante la recita. I cultori di Eduardo conoscono bene la drammaticità delle scene, su cui l’attore deve trasmettere tutta l’indigenza dell’ambiente circostante e dei suoi personaggi, contaminando il pubblico al punto da renderlo partecipe della situazione. Chi ha vissuto quel periodo, sa benissimo che durante e dopo la guerra ognuno “tirava a campare” come poteva, c’è l’ha insegnato non solo De Filippo, ma tutti quei drammaturghi dell’epoca, purtroppo, sulla scena è risultato altalenandosi. E’ pur vero che gli attori esponendosi al pubblico danno e fanno quel che possono, a nostro avviso avrebbero dovuto dare di più! Se poi vogliamo dirla tutta, per loro, questa recita è ormai navigata a menadito avendola portata in giro per anni. Comunque riserviamo le nostre opinioni in altre occasioni, presentiamo invece chi si è esibito in questa drammaturgia adattata da Alfonso Rinaldi (Giovanni Ruoppolo), Claudia di Giulio (moglie, Cristina Ruoppolo), Francesco Di Monda, un Erricuccio piacevole e apprezzato non solo dal pubblico. Il personaggio di Amalia Russolillo è interpretato da Silvia Ruggiero, mentre suo marito Vincenzo è Claudio D’Acierno, Angelo Alù nei panni dell’avvocato Roberto Manzillo. Il notaio Giuseppe Bagliulo è Aniello Santoro, nelle vesti del barone Filippo Gessato abbiamo Salvatore Puzu. In uno stabile poteva mancare una portinaia, no di certo. Eccola, nei panni di Concetta troviamo Pina Porzio… la figlia Carmela (Simona Bisconti), la chiromante è Francesca Zago e poi Piero Sarcina. Nella scena, l'amate di Amalia è Claudio Caruso, come sempre abbiamo un brigadiere e il dottore, rispettivamente Sergio Cardinale e Vincenzo Inserra. Non stiamo elencando la trama di questo classico, giacché sono in molti a conoscerla,  mettiamo invece in risalto quella mancata carica o dinamismo che in ogni opera scritta dal drammaturgo Eduardo è impressa riga dopo riga!


Torino (Italia) martedì 21 aprile 2015 

lunedì 10 marzo 2014

LA STANZA DI VERONICA recensione di Daniele Giordano



Questa volta desideriamo porre l’accento su una cosa marginale per molti, ma di enorme valore per tanti. Pochi o nessuno si esprimono su questo piccolo particolare privo di significato ed è un peccato. Ci sarebbe da fare un’attenta riflessione e abbondante critica sull’argomento. Pensare che una volta, teatralmente parlando, questo “banale pieghevole” era la guida storica per assistere allo spettacolo! Stiamo parlando del volantino che presenta la commedia thriller dal titolo: La stanza di Veronica, opera eccellente dello scrittore e drammaturgo americano Ira Levin. Questo foglio di carta, per lo spettatore è la guida introduttiva alla rappresentazione. E’ il programma di sala, tanto per intenderci.  In questo caso, stampato su carta patinata duttile al tatto, graficamente ben fatto, la consultazione ridotta all’essenziale diventando un perfetto strumento d’apprendimento, consegnato manualmente. Il lettore non è deviato o tentato di smettere di leggere, ecco perché su questo lavoro merita spendere due parole a favore del progetto grafico di  Daniela Rosso, a differenza di quelli che abitualmente si vedono “abbandonati” sui tavolini del foyer, questo fa la differenza! Scusate il bisticcio di parole, pertanto se tanto da tanto, la compagnia farà di certo il resto. Altro discorso è quello del commediografo, di lui si conosce ben poco della sua apprezzata carriera, a dirla tutta non è neppure nei dizionari di rito. Questo non vuol dire che non sia stimato, al contrario. Ad alcune persone il suo nome non dice alcunchè, ma se citassimo “Rosemary's baby” o “Trappola Mortale” trasportati in versione cinematografica, riconoscete le sue opere e non solo voi. Qui necessita fare un distinguo, comparandolo ad altri colleghi giallisti di spessore. Lui è differente o perlomeno è uno scrittore di rappresentazione mentale, deve aspettare il soggetto giusto prima di trasportarlo sul foglio bianco. Da questo suo modus operandi emergono capolavori come quelli già citati o su Veronica, elaborato da fatti realmente accaduti, in cui la cronaca si occupava di giovani ragazze in un college di Boston. Non desideriamo tediarvi su quest'argomento, gradiremmo invece entrare nella situazione teatrale. Un testo scritto nel 1973, un thriller psicologico, di deviazione mentale, quindi non fa ridere e tanto meno piangere. Non ci sarà la solita frase: l’assassino è il maggiordomo! Il giallo psicologico obbliga a pensare, studiare il personaggio, senza perdere le battute degli attori, per tentare di scoprire il bandolo dell’intricata vicenda… per poi rendersi conto di essere stato impreciso nella deduzione. Rappresentato dalla neonata compagnia Teatrale Colpi di Scena, composta da: Carlotta Avelis, nel ruolo della protagonista, Marta Pieretto, Andrea Rossi e Nicolò Turletti. Il gioco di luci e ombre di Mauro Sabatino, aiuta facendoci entrare nella rappresentazione, insieme al regista Maurizio Bagarotti, il quale ha colto nel segno portando questo giallo psicologico sul palco del Teatro Araldo in Torino. Detto questo, una considerazione andrebbe fatta sugli attori, i quali dovrebbero riuscire a comprendere gli spazi tra il palco e pubblico durante la recita. Cioè, durante il dialogo, continuavano a guardarsi senza degnarsi di comunicare verso la sala, in modo particolare durante il primo atto, quello più incisivo, il bozzolo che racchiude l’intero giallo scritto da Levin, rendendo l’ascolto alquanto antipatico per chi assiste, se poi non si vuole porre dei microfoni, gli attori devono imparare a modulare il timbro della voce, per non fare perdere battute agli auditori, in particolar modo a quelli in fondo sala. Non ultimo, i costumi di scena non adeguati al genere e periodo. Puntualizziamo subito che quanto riportato non è per denigrare lo spettacolo, perché di suo è più che apprezzabile, ma per migliorarne la forza teatrale messa in scena dagli artisti della compagnia. Certamente il lettore gradirebbe conoscere i motivi che compongono l’intreccio. Iniziato per caso in un ristorante con la conoscenza di alcuni personaggi, poi un invito a casa per mostrare una foto del tutto simile al personaggio, sino a prendere la decisione offerta all’interprete di rimanere tra le pareti di quella casa. Non sveliamo altro sulla “Stanza di Veronica" diciamo solo che tra le mura di quella casa, il confine tra incubo e realtà si sovrappone, l’orrore si confonde con la normalità di un aspetto piacevole... non sarà di certo questo scritto a farvi scoprire cosa capiterà agli interpreti. Lo spettatore tenterà di risolvere il finale battuta per battuta, facendo molta attenzione ai particolari che a prima vista sembrano goffi e privi di senso. L’unica cosa che si può aggiungere è una storia particolare, tanto da inchiodare lo spettatore alla poltrona sino all’ultimo. Del resto come scritto sul programma di sala nel presentarsi, la compagnia, termina scrivendo: Per questo motivo, la compagnia Colpi di Scena… come recita il nome… riusciranno a stupirvi.

Torino (Italia), Sabato 8 marzo 2014