martedì 18 marzo 2014

IL MEDICO DEI PAZZI recensione di Daniele Giordano


Tra tutte le compagnie teatrali napoletane gravitanti a Torino, ancora nessuno ha portato in scena questa vicenda, perché di vicenda si tratta. Forse sarà il caso di domandarsi del perché continuano a trascinare sul palco le ormai consumate commedie viste e riviste. Pochissime le compagnie che differenziano i loro spettacoli. Intendiamoci, è sempre un piacere rivederle, ma sarebbe il caso… di tanto in tanto aggiornare l’assortimento… considerato che il vasto repertorio napoletano è ricco di opere bellissime! Non è il caso della compagnia I Melannurca. Dopo una stagione bendisposta a date e consensi ricevuti per aver interpretato due classici come – Miseria e Nobiltà  e  Napoli Milionaria – di cui una ha ricevuto un premio per la migliore interpretazione, esibendosi e ritirandolo a Bolzano per il concorso istituito dalla UILT. Stanchi, provati ma con l’entusiasmo di sempre, pronti col nuovo lavoro in anteprima assoluta per Torino. Nei due giorni della messa in scena al teatro Cardinal Massaia ottenendo un tutto esaurito, I Melannurca hanno presentato la commedia: Il Medico dei Pazzi. Una farsa in tre atti scritta nel 1908, dove identifichiamo la tipica peculiarità del commediografo napoletano Eduardo Scarpetta, su cui vertono meccanismi che accrescono il narrato e la connessione degli avvenimenti. La recita, parla di Ciccillo (Vincenzo Russo, dalla particolarità attoriale), un giovane scansafatiche, amante del gioco e tabarin, abituato da anni a vivere alle spalle dello zio Felice Sciosciammocca di Roccasecca, interpretato con grande perizia da Antonio Giuliano. Il quale credendo di pagare la sua istruzione medica, invia denaro, sino a quando giunge a Napoli, insieme alla consorte Concetta (apprezzata dal pubblico per le sue estroverse qualità, la macchiettista Anna Donadoni), per vedere come si è sistemato il nipote nella sua nuova clinica. Da qui in poi nasce il panico! Il nipote architetta insieme all’amico Michele (piacevole esecuzione di Salvatore Vastola), un nuovo piano ai danni dello zio. In un crescendo s’incrementa il tema, movimentando la commedia senza entrare nel profondo del termine “pazzia” poiché la rappresentazione tende solo a fare ridere gli spettatori senza sviscerarne l’intrinseca parola. Alla fine tutto si risolve come in ogni commedia brillante, Ciccillo sarà perdonato dallo zio, mentre Felice si riconcilierà con i cosiddetti pazzi della presunta clinica, meglio identificata come “Pensione Stella”. In una rocambolesca farsa, capitanata dall’inossidabile Antonio Giuliano, intelletto creativo di regia (è piaciuta anche alla “concorrenza” l’idea di fare entrare alcuni attori dalla platea) e libero adattamento delle rappresentazioni teatrali che la compagnia I Melannurca pone in essere, sembra muoversi con estrema facilità e disinvoltura senza accusarne la fatica accumulata favorevolmente in questo periodo. A noi piace pensarla diversamente. Spieghiamo meglio. Questa compagnia quando sale sul palco è come se fosse al suo primo debutto, non va in scena tanto per andare se tutto non è come deve essere rappresentato! E’ facile per alcuni attori sapere recitare la parte, basta studiarla, a loro questo non basta. Il pubblico, poiché pagante ha diritto ad assistere a recite decenti se non sublimi. Dal loro punto di vista I Melannurca ci mettono il cuore… partenopeo! La scenografia, deve dare quel magico impatto che separa gli attori dalla platea “per fare entrare il pubblico sul palco” e poi i costumi, non basta tagliare e cucire, compito assolto dalla brava Annamaria Zarbo, realizzando in modo adeguato tutto l’allestimento sartoriale. Adattare il testo, togliendo quella patina polverosa di un secolo, rendendolo fluido e attuale senza stravolgerne il contenuto fa parte della bravura del regista, avendo l’acquisizione di nozioni della commedia, la capacità nell’assegnare le parti agli attori. La ricerca musicale e le luci curate da Giuseppe Spadaro e Mauro Vizzano e chissà cos’altro ancora, tutto questo per amore dei drammaturghi e del teatro, non da meno soddisfare il pubblico. Tralasciando questo, continuiamo la descrizione dei componenti di questa magnifica avventura: l’ottima interpretazione di Anna Maria Melchionna (Amalia Strepponi), Enzo Massari (Errico Pastetta), vestendo in pieno la sua parte, Vincenzo Guida (Don Carlo), Elisa Oliva (Raffaella Castiello, nel ruolo dell’attrice drammatica, alla sua prima), la brava Maria Amalfitano (Rosina, figlia da maritare), Massimiliano Esposito (Luigi, lo scrittore di novelle, anche lui alla sua prima in compagnia), il simpatico Giovanni Marigliano (il Maggiore), l’estroverso Mariano Fumante (nelle vesti di Peppino il barista del caffè, alla sua prima), Massimiliano Trippodo (Nicola Scapece il guappo, per la prima volta in compagnia), Valentina Visicaro (Bettina, cameriera del Villino de Rosa), Filmena Veniero (la Vedova della Pensione Stella). Per il trucco Francesca Ianora ed Eleonora Rotella. L’opera teatrale fu definita “il canto del cigno” poiché l’anno successivo l’attore lascerà le scene. A una prima lettura si potrebbe pensare che il drammaturgo Scarpetta abbia voluto dare un contenuto al suo testo parlando della pazzia. In realtà, punta solo a far ridere gli habitué che alla fine dovranno tornare a casa, confrontarsi con la verità quotidiana, a differenza dello spettacolo. Quella consolatoria e bonacciona di una conclusione che lascia tutti contenti. I Melannurca nella loro “verace teatralità” lascia allo spettatore il senso, le sfumature della commedia o farsa tipica partenopea, continuando a esaltare i nomi dei grandi della drammaturgia italiana.

Torino (Italia), 17 marzo 2014 

1 commento:

  1. Ecco come commenta Antonio Giuliano della compagnia teatrale I MELANNURCA. Grazie per la bella recensione, la passione per il teatro napoletano ci ha portato in questi anni a sfidare anche autori meno conosciuti quali Raffaele Viviani, Gaetano Di Maio oltre ad Eduardo De Filippo ed Eduardo Scarpetta e con l'obiettivo di dare sempre la massima professionalità.

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