martedì 25 marzo 2014

LA CENA DEI SINGLE recensione di Daniele Giordano



Forse anche a voi è capitato di commemorare la morte di un amico, quello considerato il capobranco della compagnia, lo sciupafemmine per eccellenza appunto e ritrovarsi immancabilmente anno dopo anno in quel che fu un giorno da non dimenticare, tra compagni di sempre, legati da questo singolare avvenimento. E’ quello che Renato Liprandi ha voluto descrivere in un giallo psicologico nella commedia: La Cena dei Single, a ricordare l’intreccio che legava lui e altri all’affezionato caro estinto. La concatenazione di questo bandolo con gli altri interpreti lo vede sul palco come attore e regista. In questa commedia non ci sono indizi di normale consuetudine del giallo, il pubblico non deve in qualche modo risolvere l’enigma tessuto dall’autore, deve semplicemente seguire i quadri scenici e le frasi del dialogo, durante l’atto finale… si riesce… forse a capire il movente… per così dire, mettendo in discussione tutto il racconto. L’osservatore attento, non si lascerà certo ingannare da questo… pertanto si troverà “spiazzato” dal piacevole epilogo. Il debutto, dove ha trovato la compiacenza del tutto esaurito al teatro Cardinal Massaia col suo affezionato pubblico, ha reso omaggio allo spettacolo di Renato Liprandi, conosciuto anche come il “terrorizzante Augusto De Marinis”, interprete nell'esilarante sit-com Camera Cafè, andata in onda dal 2003 al 2012 sulla rete tv Italia 1. Noto anche per aver interpretato diversi ruoli nei film di Gianni Amelio, Dario Argento o il Natale di Rupper di F. Moretti, la lista potrebbe proseguire iniziando dal lontano 1977. Con lui a calcare la scena in questa simpatica avventura troviamo in ordine di apparizione Claudia Vianino; Paola Palombo; Anna Brandino; Sabrina Scaduto; Davide Manta Fabio Clarino. Un testo leggermente corto ma carico di sorprese inaspettate… soprattutto per il finale. 

Torino (Italia), 24 marzo 2014

martedì 18 marzo 2014

IL MEDICO DEI PAZZI recensione di Daniele Giordano


Tra tutte le compagnie teatrali napoletane gravitanti a Torino, ancora nessuno ha portato in scena questa vicenda, perché di vicenda si tratta. Forse sarà il caso di domandarsi del perché continuano a trascinare sul palco le ormai consumate commedie viste e riviste. Pochissime le compagnie che differenziano i loro spettacoli. Intendiamoci, è sempre un piacere rivederle, ma sarebbe il caso… di tanto in tanto aggiornare l’assortimento… considerato che il vasto repertorio napoletano è ricco di opere bellissime! Non è il caso della compagnia I Melannurca. Dopo una stagione bendisposta a date e consensi ricevuti per aver interpretato due classici come – Miseria e Nobiltà  e  Napoli Milionaria – di cui una ha ricevuto un premio per la migliore interpretazione, esibendosi e ritirandolo a Bolzano per il concorso istituito dalla UILT. Stanchi, provati ma con l’entusiasmo di sempre, pronti col nuovo lavoro in anteprima assoluta per Torino. Nei due giorni della messa in scena al teatro Cardinal Massaia ottenendo un tutto esaurito, I Melannurca hanno presentato la commedia: Il Medico dei Pazzi. Una farsa in tre atti scritta nel 1908, dove identifichiamo la tipica peculiarità del commediografo napoletano Eduardo Scarpetta, su cui vertono meccanismi che accrescono il narrato e la connessione degli avvenimenti. La recita, parla di Ciccillo (Vincenzo Russo, dalla particolarità attoriale), un giovane scansafatiche, amante del gioco e tabarin, abituato da anni a vivere alle spalle dello zio Felice Sciosciammocca di Roccasecca, interpretato con grande perizia da Antonio Giuliano. Il quale credendo di pagare la sua istruzione medica, invia denaro, sino a quando giunge a Napoli, insieme alla consorte Concetta (apprezzata dal pubblico per le sue estroverse qualità, la macchiettista Anna Donadoni), per vedere come si è sistemato il nipote nella sua nuova clinica. Da qui in poi nasce il panico! Il nipote architetta insieme all’amico Michele (piacevole esecuzione di Salvatore Vastola), un nuovo piano ai danni dello zio. In un crescendo s’incrementa il tema, movimentando la commedia senza entrare nel profondo del termine “pazzia” poiché la rappresentazione tende solo a fare ridere gli spettatori senza sviscerarne l’intrinseca parola. Alla fine tutto si risolve come in ogni commedia brillante, Ciccillo sarà perdonato dallo zio, mentre Felice si riconcilierà con i cosiddetti pazzi della presunta clinica, meglio identificata come “Pensione Stella”. In una rocambolesca farsa, capitanata dall’inossidabile Antonio Giuliano, intelletto creativo di regia (è piaciuta anche alla “concorrenza” l’idea di fare entrare alcuni attori dalla platea) e libero adattamento delle rappresentazioni teatrali che la compagnia I Melannurca pone in essere, sembra muoversi con estrema facilità e disinvoltura senza accusarne la fatica accumulata favorevolmente in questo periodo. A noi piace pensarla diversamente. Spieghiamo meglio. Questa compagnia quando sale sul palco è come se fosse al suo primo debutto, non va in scena tanto per andare se tutto non è come deve essere rappresentato! E’ facile per alcuni attori sapere recitare la parte, basta studiarla, a loro questo non basta. Il pubblico, poiché pagante ha diritto ad assistere a recite decenti se non sublimi. Dal loro punto di vista I Melannurca ci mettono il cuore… partenopeo! La scenografia, deve dare quel magico impatto che separa gli attori dalla platea “per fare entrare il pubblico sul palco” e poi i costumi, non basta tagliare e cucire, compito assolto dalla brava Annamaria Zarbo, realizzando in modo adeguato tutto l’allestimento sartoriale. Adattare il testo, togliendo quella patina polverosa di un secolo, rendendolo fluido e attuale senza stravolgerne il contenuto fa parte della bravura del regista, avendo l’acquisizione di nozioni della commedia, la capacità nell’assegnare le parti agli attori. La ricerca musicale e le luci curate da Giuseppe Spadaro e Mauro Vizzano e chissà cos’altro ancora, tutto questo per amore dei drammaturghi e del teatro, non da meno soddisfare il pubblico. Tralasciando questo, continuiamo la descrizione dei componenti di questa magnifica avventura: l’ottima interpretazione di Anna Maria Melchionna (Amalia Strepponi), Enzo Massari (Errico Pastetta), vestendo in pieno la sua parte, Vincenzo Guida (Don Carlo), Elisa Oliva (Raffaella Castiello, nel ruolo dell’attrice drammatica, alla sua prima), la brava Maria Amalfitano (Rosina, figlia da maritare), Massimiliano Esposito (Luigi, lo scrittore di novelle, anche lui alla sua prima in compagnia), il simpatico Giovanni Marigliano (il Maggiore), l’estroverso Mariano Fumante (nelle vesti di Peppino il barista del caffè, alla sua prima), Massimiliano Trippodo (Nicola Scapece il guappo, per la prima volta in compagnia), Valentina Visicaro (Bettina, cameriera del Villino de Rosa), Filmena Veniero (la Vedova della Pensione Stella). Per il trucco Francesca Ianora ed Eleonora Rotella. L’opera teatrale fu definita “il canto del cigno” poiché l’anno successivo l’attore lascerà le scene. A una prima lettura si potrebbe pensare che il drammaturgo Scarpetta abbia voluto dare un contenuto al suo testo parlando della pazzia. In realtà, punta solo a far ridere gli habitué che alla fine dovranno tornare a casa, confrontarsi con la verità quotidiana, a differenza dello spettacolo. Quella consolatoria e bonacciona di una conclusione che lascia tutti contenti. I Melannurca nella loro “verace teatralità” lascia allo spettatore il senso, le sfumature della commedia o farsa tipica partenopea, continuando a esaltare i nomi dei grandi della drammaturgia italiana.

Torino (Italia), 17 marzo 2014 

mercoledì 12 marzo 2014

RITORNO A NAPOLI recensione di Daniele Giordano



La rappresentazione vuole essere uno spaccato scanzonato di abitudini popolari, intrinseco al suo essere pittoresco, senza retorica nè cinismo di una Napoli ricamata e additata. E’ semplicemente uno spettacolo genuino dal punto di vista scenico diretto dalla regista Antonella Bione Paglietti per la compagnia di spettacolo Champagne, la quale, fuori dai suoi abituali schemi rappresentativi ha portato sul palco del Teatro Monterosa di Torino lo spettacolo: Ritorno a Napoli, per la gioia degli affezionati di genere. La sorpresa, arriva invece da parte degli intervenuti sentendoli parlare, non in napoletano, come forse ci si aspettava da una simile recita, bensì da un gran numero di torinesi! Evidentemente, la mentalità della leggera linea che li separava è stata superata e questo è bene, poiché non c’è distinzione tra latitudine e longitudine peninsulare. Il teatro, come la musica accomuna e socializza, è su questo principio che la liaison teatrale verte. In apertura di sipario, troviamo due “vecchietti” (Patrizia Gallo e Stefano Baratto) dal tipico accento piemontese. Sul palco si trastullano con nostalgia, ricordando il loro viaggio matrimoniale proprio nella città partenopea. Frammenti di pensieri visivi si sovrappongono al loro “sbarco” al mercato rionale, incontrando… la prima… sorpresa…, tipica  “scontata e sfortunata con il solito faccendiere ai danni dello straniero” interpretato dall’attore Gigi Nigro, anfitrione sino in fondo dei due sposini. Malgrado l’increscioso inconveniente, subito ai danni della propria valigia i due continuarono la luna di miele, immersi tra le note musicali dell’orchestra diretta dal Maestro Remo Barnava eseguite al pianoforte, accompagnato dai professori: Raffaella Azzario (violino), Guido Neri (viola), Domenico Pirilli (mandolino), Giovanni Lepori (contrabbasso), un ensemble per il soprano Anna Marchesano e Paolo Dolcet tenore, condito sapientemente dal maestro Marco Ambrosio e la sua fisarmonica solista. Rilevanti sono stati i cantanti: Mario Pennacchio, Marina De Grassi, Isabelle Suberbielle, Loredana Villa, Mario Gaudino con l’apporto del coro composto da Liliana Pellegrini, Giovanna Casazza, Carmelo Buccola, Donatella Gobbi, Fulvio Trivero. Per la parte interpretativa scenica troviamo: Patrizia Gallo, Stefano Baratto e Fulvio Trivero e, poi ancora Gigi Rajola, nelle vesti del caratterista, il cameriere Maurizio Capello. In una miscellanea armoniosa, senza passare totalmente per operetta, unito a musica e delle valenti danzatrici come Maddalena Bellissimo, Laura La Forgia, Veronica Martinelli, Debora Zuccarello del Laboratorio della Danza di Anita Cedrone che cura anche le coreografie, mentre i costumi sono affidati a Doretta Ghezzo. La regista, shakerando passaggi tra canzoni, avanspettacolo e cafè chantant con tanto di can can, tra le armonizzate e più belle arie della canzone napoletana conosciute nel mondo, le tipiche esuberanze di quel tempo passato, hanno offerto una serata a ritrosi nel tempo, senza togliere nulla alla fragranza dello spirito che contradistingue la canzone partenopea.

Torino (Italia), 11 marzo 2014                  

lunedì 10 marzo 2014

LA STANZA DI VERONICA recensione di Daniele Giordano



Questa volta desideriamo porre l’accento su una cosa marginale per molti, ma di enorme valore per tanti. Pochi o nessuno si esprimono su questo piccolo particolare privo di significato ed è un peccato. Ci sarebbe da fare un’attenta riflessione e abbondante critica sull’argomento. Pensare che una volta, teatralmente parlando, questo “banale pieghevole” era la guida storica per assistere allo spettacolo! Stiamo parlando del volantino che presenta la commedia thriller dal titolo: La stanza di Veronica, opera eccellente dello scrittore e drammaturgo americano Ira Levin. Questo foglio di carta, per lo spettatore è la guida introduttiva alla rappresentazione. E’ il programma di sala, tanto per intenderci.  In questo caso, stampato su carta patinata duttile al tatto, graficamente ben fatto, la consultazione ridotta all’essenziale diventando un perfetto strumento d’apprendimento, consegnato manualmente. Il lettore non è deviato o tentato di smettere di leggere, ecco perché su questo lavoro merita spendere due parole a favore del progetto grafico di  Daniela Rosso, a differenza di quelli che abitualmente si vedono “abbandonati” sui tavolini del foyer, questo fa la differenza! Scusate il bisticcio di parole, pertanto se tanto da tanto, la compagnia farà di certo il resto. Altro discorso è quello del commediografo, di lui si conosce ben poco della sua apprezzata carriera, a dirla tutta non è neppure nei dizionari di rito. Questo non vuol dire che non sia stimato, al contrario. Ad alcune persone il suo nome non dice alcunchè, ma se citassimo “Rosemary's baby” o “Trappola Mortale” trasportati in versione cinematografica, riconoscete le sue opere e non solo voi. Qui necessita fare un distinguo, comparandolo ad altri colleghi giallisti di spessore. Lui è differente o perlomeno è uno scrittore di rappresentazione mentale, deve aspettare il soggetto giusto prima di trasportarlo sul foglio bianco. Da questo suo modus operandi emergono capolavori come quelli già citati o su Veronica, elaborato da fatti realmente accaduti, in cui la cronaca si occupava di giovani ragazze in un college di Boston. Non desideriamo tediarvi su quest'argomento, gradiremmo invece entrare nella situazione teatrale. Un testo scritto nel 1973, un thriller psicologico, di deviazione mentale, quindi non fa ridere e tanto meno piangere. Non ci sarà la solita frase: l’assassino è il maggiordomo! Il giallo psicologico obbliga a pensare, studiare il personaggio, senza perdere le battute degli attori, per tentare di scoprire il bandolo dell’intricata vicenda… per poi rendersi conto di essere stato impreciso nella deduzione. Rappresentato dalla neonata compagnia Teatrale Colpi di Scena, composta da: Carlotta Avelis, nel ruolo della protagonista, Marta Pieretto, Andrea Rossi e Nicolò Turletti. Il gioco di luci e ombre di Mauro Sabatino, aiuta facendoci entrare nella rappresentazione, insieme al regista Maurizio Bagarotti, il quale ha colto nel segno portando questo giallo psicologico sul palco del Teatro Araldo in Torino. Detto questo, una considerazione andrebbe fatta sugli attori, i quali dovrebbero riuscire a comprendere gli spazi tra il palco e pubblico durante la recita. Cioè, durante il dialogo, continuavano a guardarsi senza degnarsi di comunicare verso la sala, in modo particolare durante il primo atto, quello più incisivo, il bozzolo che racchiude l’intero giallo scritto da Levin, rendendo l’ascolto alquanto antipatico per chi assiste, se poi non si vuole porre dei microfoni, gli attori devono imparare a modulare il timbro della voce, per non fare perdere battute agli auditori, in particolar modo a quelli in fondo sala. Non ultimo, i costumi di scena non adeguati al genere e periodo. Puntualizziamo subito che quanto riportato non è per denigrare lo spettacolo, perché di suo è più che apprezzabile, ma per migliorarne la forza teatrale messa in scena dagli artisti della compagnia. Certamente il lettore gradirebbe conoscere i motivi che compongono l’intreccio. Iniziato per caso in un ristorante con la conoscenza di alcuni personaggi, poi un invito a casa per mostrare una foto del tutto simile al personaggio, sino a prendere la decisione offerta all’interprete di rimanere tra le pareti di quella casa. Non sveliamo altro sulla “Stanza di Veronica" diciamo solo che tra le mura di quella casa, il confine tra incubo e realtà si sovrappone, l’orrore si confonde con la normalità di un aspetto piacevole... non sarà di certo questo scritto a farvi scoprire cosa capiterà agli interpreti. Lo spettatore tenterà di risolvere il finale battuta per battuta, facendo molta attenzione ai particolari che a prima vista sembrano goffi e privi di senso. L’unica cosa che si può aggiungere è una storia particolare, tanto da inchiodare lo spettatore alla poltrona sino all’ultimo. Del resto come scritto sul programma di sala nel presentarsi, la compagnia, termina scrivendo: Per questo motivo, la compagnia Colpi di Scena… come recita il nome… riusciranno a stupirvi.

Torino (Italia), Sabato 8 marzo 2014






mercoledì 5 marzo 2014

SERATA MAGICA ALL’UNIONE INDUSTRIALE di TORINO recensione di Daniele Giordano



Per molti è stata una rivelazione, la conferenza avvenuta all’Unione Industriale di Torino, nella sala “Giovanni Agnelli” introdotta da Giancarlo Bonzo, presentando due relatori perfettamente in sintonia sull’argomento, oltre ad essere “pilastri” del Circolo degli Amici della Magia: Marco Aimone e Pino Rolle. Da quel Circolo di via S. Chiara 23 in Torino, si sono affermati i più grandi prestigiatori italiani In sede si trova una biblioteca che grazie al suo fondatore Victor Balli (in arte) con minuziosa ricerca è riuscito a farla diventare forse la più fornita d’Italia. Tornando alla serata, la narrazione, recitata con maestria ed eleganza dall’attore Angelo Cauda, ha portato lo spettatore a introdursi nei meandri ignoti dello spazio, a ritrosi nel tempo. Iniziando dagli Egizi sino ai giorni nostri, proseguendo i due oratori con il loro excursus “visivo e raccontato” hanno saputo presentarlo in maniera fruibile. Nonostante il tempo destinato per l’incontro (su questo intrattenimento il tempo non basta mai), sia tiranno nei confronti dell’argomento trattato. I conferenzieri, con il loro excursus “visivo e raccontato” hanno saputo presentarlo fruibile, attraversando barriere religiose, inquisizione, storia napoleonica, approfondendo il contenuto, svelando tutto quello che poteva sembrare misterioso per le persone di quell’epoca. Si è venuti a conoscenza su alcuni retroscena che “forse” hanno cambiato il corso della storia, nella seconda guerra mondiale. Tutto spiegato in modo comprensibile, senza annoiare le persone intervenute. Composto in maniera di alternare al tema, giochi di prestigio eseguiti da Andrea Petrosillo (vincitore del campionato italiano di magia), il tempo è passato armoniosamente senza annoiare, anzi il pubblico ha gradito l’incontro con uno scrosciante applauso finale.    

Torino (Italia), 6 marzo 2014